I buoni fruttiferi postali sono stati a lungo percepiti come un investimento sicuro e “semplice”, ma pochi sanno che i BFP si prescrivono. Quando ciò accade, i risparmi accumulati anche per decenni possono andare definitivamente perduti. Non si tratta di un dettaglio tecnico, ma di una regola che ha già colpito migliaia di famiglie.
Il confine tra capitale recuperato e capitale perduto passa da un termine preciso: dieci anni dopo la scadenza. Eppure, per tanti risparmiatori, la prescrizione resta una sorpresa amara scoperta solo allo sportello.
La vicenda è resa ancora più delicata dal fatto che i buoni sono stati spesso presentati come strumenti facili da comprendere, accessibili a tutti, ma in realtà non sempre accompagnati da informazioni chiare.

Ecco perché il tema non può essere ignorato: riguarda il rapporto di fiducia tra cittadini, Poste e lo Stato, e mette in gioco non solo soldi ma anche aspettative e progetti di vita.
Capita spesso che i racconti si assomiglino: buoni sottoscritti nei primi anni Duemila, custoditi in un cassetto, tirati fuori solo al bisogno e dichiarati prescritti. La sorpresa è devastante: un padre che pensava di aver messo al sicuro i risparmi per il figlio, una nonna convinta di garantire un futuro ai nipoti, o un giovane che eredita titoli considerati un dono prezioso e li scopre senza valore.
La prescrizione funziona così: al termine della durata il buono smette di produrre interessi. Se nei dieci anni successivi non viene chiesto il rimborso, la somma non è più esigibile. Per i buoni emessi fino al 13 aprile 2001, le somme confluiscono al Ministero dell’Economia. Per quelli cartacei successivi finiscono nel Fondo rapporti dormienti. Diverso il discorso per i buoni dematerializzati: in quel caso il rimborso è automatico sul conto, riducendo i rischi.
Molti non erano informati correttamente. Su alcuni titoli compariva solo la dicitura “a termine”, senza durata precisa. In altri casi il foglio informativo non veniva consegnato. Così c’è chi ha creduto che i buoni durassero vent’anni, salvo scoprire che la scadenza era molto più breve e i termini per incassarli già passati.
Perché i BFP cadono in prescrizione
I buoni fruttiferi postali, a differenza di altri titoli di Stato, richiedono attenzione. Dopo la scadenza non maturano più interessi e, trascorsi dieci anni senza richiesta, si prescrivono. È una regola chiara, ma poco conosciuta.

Qui si crea un equivoco frequente: BOT e BTP non corrono lo stesso rischio. Questi titoli, alla scadenza, vengono rimborsati automaticamente sul conto titoli collegato al conto corrente. Non serve presentarsi in banca, non c’è margine di dimenticanza. Ecco perché non sono soggetti a prescrizione. I BFP, invece, soprattutto nella versione cartacea, richiedono l’intervento diretto del risparmiatore.
Esempi pratici mostrano la differenza. A Grosseto, un uomo che nel 2001 aveva investito in buoni cartacei ha perso oltre 4.000 euro perché non li ha riscossi entro i termini. A Lucca, una pensionata si è vista invece riconoscere circa 3.000 euro per due titoli, perché il giudice ha ritenuto insufficienti le informazioni ricevute al momento della sottoscrizione.
Questi casi evidenziano come la prescrizione sia un meccanismo automatico, ma che può essere contestato se manca trasparenza. Ed è proprio la carenza informativa a rappresentare la parte più delicata di questa vicenda.
Casi reali e il ruolo della consapevolezza
Le associazioni dei consumatori hanno raccolto centinaia di testimonianze. Alcune richieste vengono respinte, altre accolte grazie all’Arbitro Bancario Finanziario o ai giudici di pace. La differenza spesso la fanno i documenti: la presenza o meno di fogli informativi, ricevute, comunicazioni ufficiali.
Il problema non riguarda solo il passato. Molti buoni cartacei sono ancora in circolazione e rischiano di cadere in prescrizione se non riscossi per tempo. Chi li possiede deve controllare le date di emissione e scadenza, conservare con cura la documentazione e, se possibile, trasformarli in dematerializzati per avere la sicurezza del rimborso automatico.
La questione ha anche un forte valore culturale. I buoni sono stati per anni il simbolo del risparmio sicuro, ma la realtà mostra che non sono eterni. Serve consapevolezza e attenzione: non basta acquistare e dimenticare, occorre monitorare e ricordare che, a differenza di BOT e BTP, i BFP possono andare persi per sempre.