La Cassazione aggiorna la materia che riguarda l’infortunio del lavoratore autonomo, quando il committente è nei guai.
Che l’infortunio del lavoratore autonomo sia una questione delicata, non ci sono dubbi, ma ne diviene più pratica la gestione dopo l’ultima pronuncia della Cassazione. La mancanza del DPI determina conseguenze precise.

Si conferma la condanna di infortunio se non c’è il DPI, poiché è conseguenza diretta della scelta di un lavoratore non qualificato. Lo dice la sentenza n. 13533/2025 della Cassazione in merito a quanto accaduto in un cantiere edile di un complesso residenziale in costruzione.
È il caso di un artigiano in pensione che trovatosi sul posto per compiere una modifica ad una ringhiera su un finto balcone, ma che in mancanza di qualsiasi protezione anticaduta, ha perso la vita dopo essere caduto dal primo piano.
Una storia che merita giustizia, perché l’artigiano stava riparando un difetto alla ringhiera della villetta non terminata e consegnata all’acquirente.
Si pronunciano il Procuratore generale e le parti civili impugnando la sentenza assolutoria di primo grado nei riguardi del committente, perché questi è responsabile di omicidio colposo per aver violato le norme antinfortunistiche, altrimenti… non sarebbe morto nessuno!
L’impugnazione è stata accolta in Appello, condannando il committente a 6 mesi di reclusione, perché l’infortunio è stato diretta conseguenza di un’adeguata verifica di idoneità tecnico-professionale del lavoratore. Ciò grava sul committente ai sensi dell’art. 90 del DLGS n. 81/08.
Mancavano verifiche prescritte. Una posizione di garanzia, maldisciplinata, ma i guai non terminano qui.
Come si disciplina l’infortunio del lavoratore autonomo, lo spiega la Cassazione
La difesa ha promosso il ricorso per l’amministratore/committente, ritenendo inammissibile quanto dichiarato dal Procuratore e dalle parti civili, ma è stato in risposta a ciò che la Cassazione ha definito in maniera specifica la risoluzione della questione.

Secondo la difesa è stato inammissibile quanto definito dal Procuratore Generale, perché dopo la riforma dell’art- 593-bis c.p.p., questi non era legittimato ad impugnare la sentenza, perché il Procuratore della Repubblica aveva già proposto un proprio atto d’appello. Inoltre, si parlerebbe anche di un’errata qualificazione del rapporto di lavoro. Poiché l’artigiano era un dipendente in nero, non un lavoratore autonomo!
L’onore di verifica diretta non sarebbe dovuto ricadere sul committente. Ha disposto anche le violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, perché l’accusa si fondava sulla mancanza di requisiti, ma la condanna ha incluso anche la responsabilità per la mancata adozione di dispositivi di protezione individuale. Aspetto da imputare solo al datore di lavoro.
Infine, ha citato anche l’interruzione del nesso causale per condotta abnorme della vittima, perché la decisione dell’artigiano di intervenire senza autorizzazione, a cantiere chiuso tra l’altro, è stata una condotta imprevedibile! Non c’è alcun nesso di causalità.
Risoluzione della Cassazione: chi ha avuto la meglio? Il rigetto punto per punto
Arrivati a questo punto, dopo aver letto in merito al ricorso della controparte, è fondamentale comprendere a cosa si sia rifatta la Cassazione per dare la sentenza definitiva.

La Cassazione rigetta la via retroattiva dell’art. 593-bis del c.p.p., perché la sentenza era stata pronunciata prima dell’entrata in vigore della norma. In merito alla qualificazione del rapporto, non ci sono elementi sufficienti per indicare un rapporto di lavoro subordinato. Pertanto l’idoneità tecnica della vittima andava verificata dal committente prima di dargli l’incarico.
Ancora, la Cassazione ritiene che quando non ci sono dispositivi di protezione, ciò equivale a conseguenza diretta della scelta di un committente non qualificato.
Infine, per la condotta della vittima si esclude che sia stata “imprevedibile”. L’artigiano aveva agito su incarico diretto del committente, e se non ci sono misure di protezione, il rischio era più che prevedibile.
Il DPI si valuta in relazione ai rischi e alla stesura del DVR. Non è facile farlo con assoluta certezza, ma ci sono software adatti a redigere il DVR che prevedono in automatico il calcolo e il DPI giusto in base al rischio.