Il pagamento diretto dei permessi retribuiti previsti dalla legge 104/1992 da parte dell’INPS è un’eccezione alla regola generale dell’anticipo da parte del datore di lavoro. Si applica solo in casi definiti e segue procedure precise, diverse a seconda della categoria di lavoratore. Conoscerne i requisiti e l’iter è essenziale per non perdere il diritto o subire ritardi.
In via ordinaria, il datore anticipa la retribuzione per i giorni di permesso e recupera l’importo tramite conguaglio contributivo. Il pagamento diretto interviene quando l’anticipo non può essere effettuato.

Le principali ipotesi includono: procedure concorsuali o fallimento dell’azienda, rifiuto di anticipare le somme, assenza di obbligo contrattuale, cessazione dell’attività dopo il maturarsi del diritto o gestione già attiva da parte dell’INPS di altri trattamenti economici (come la cassa integrazione).
Quando e per chi scatta il pagamento diretto
Le regole variano in base al settore. Per i lavoratori privati, il ricorso al pagamento diretto è frequente nei casi di insolvenza o cessazione aziendale. Nel pubblico impiego, l’anticipo resta di norma a carico dell’amministrazione, e il pagamento diretto si applica solo in situazioni eccezionali, come la soppressione dell’ente. Per il lavoro domestico (colf e badanti) non è previsto l’anticipo: l’INPS paga sempre in via diretta previa domanda. Nei contratti a termine, il diritto resta se il rapporto era attivo al momento della fruizione del permesso, anche se cessato prima del pagamento.

I beneficiari sono il lavoratore disabile in situazione di gravità accertata e i familiari indicati dalla legge, entro i limiti previsti: tre giorni di permesso mensili, anche frazionabili in ore, oppure permessi orari giornalieri (due ore se l’orario è pari o superiore a sei ore, un’ora se inferiore). Dal 2022 è possibile che più soggetti si alternino nell’assistenza alla stessa persona, purché non si superi il limite complessivo.
Iter procedurale e modalità di erogazione
Per ottenere il pagamento diretto, è necessario presentare domanda all’INPS, online o tramite patronato, allegando una dichiarazione sostitutiva di atto notorio. In caso di rifiuto del datore, è obbligatorio inviare una diffida formale tramite raccomandata A/R o PEC, concedendo 30 giorni per il pagamento. Decorso il termine, si può chiedere l’intervento dell’INPS. Se l’azienda è in procedura concorsuale, occorre dichiarare di non essersi insinuati al passivo per il credito dei permessi o di averne chiesto la cancellazione. Nel caso di pagamento parziale da parte del datore, l’INPS eroga solo la differenza dovuta.
Il versamento può essere effettuato su conto corrente bancario o postale, libretto di risparmio postale, carta prepagata con IBAN intestata al beneficiario o tramite bonifico domiciliato presso un ufficio postale. Per il lavoro domestico e nei casi in cui l’INPS già gestisce altre prestazioni in pagamento diretto per l’azienda, non è necessaria la diffida preventiva. In caso di cessazione dell’attività, la domanda va presentata entro tempi congrui dalla maturazione del diritto per evitare la decadenza.
Una corretta gestione della procedura, con documentazione completa e invio nei termini, è fondamentale per ridurre i tempi di liquidazione. Le differenze tra categorie di lavoratori incidono sia sull’obbligo di anticipo sia sui passaggi da seguire, e conoscere queste variabili consente di attivare il diritto in modo rapido ed efficace.