Come funziona il lavoro all’estero, indicazioni pratiche per chiarire tutti i dubbi sul tema.
Ci sono tanti dubbi sul lavoro all’Estero, sogno di tanti, ma fonte di angosce per alcuni dati i mancati chiarimenti in termini di tasse. In soccorso delle indicazioni pratiche, ma anche le disposizioni della sentenza n. 16931/2025 della Cassazione che ha trattato proprio il tema in questione. Chi dovrà sborsare tutti i propri guadagni e risparmi?

Per poter comprendere la disciplina del lavoro all’Estero, serve analizzare in primis, la normativa generale, cioè la gestione della tassazione dl Paese in cui si lavora fisicamente. In virtù della Convezioni contro le doppie imposizioni, art. 15 modello OCSE, il reddito da lavoro dipendente, è tassato nello stato in cui si svolte tale attività.
Ma al di là di ciò, anche lo Stato di Residenza fiscale può tassare lo stesso reddito, ecco il caos della doppia imposizione. Per evitare ciò, viene riconosciuto un credito d’imposta per le tasse già pagate. Infatti, c’è un’eccezione la quale vale solo nello Stato di residenza, e ciò avviene se si rispettano tre condizioni.
La prima, avere una presenza all’Estero non maggiore a 183 giorni in un anno fiscale. La seconda, per cui il datore di lavoro deve essere residente in Italia, non in Paese Estero. Ancora non ci deve essere un’organizzazione del datore di lavoro all’Estero. Analizzando un esempio concreto, è possibile comprendere meglio.
Cosa dice la Cassazione sul lavoro all’Estero, applicazione sentenza
La questione è saltata fuori dal caso di un lavoratore italiano inviato in Francia per 4 mesi da un’azienda italiana, il quale è tassato appunto, solo in Italia. Sia la residenza che il lavoro sono stabili all’Estero. Quindi, se il lavoratore vive e lavora stabilmente e fisicamente qui, solo lo Stato Estero ha il diritto di tassare il suo reddito! Di seguito la pronuncia della Cassazione.

Contano il luogo di residenza e lavoro, non la sede del datore, e la Cassazione ha deciso mediante la sentenza n. 16931/2025. Essa ha trattato il caso del lavoratore italiano residente nel Regno Unito, il quale ha lavorato esclusivamente qui e per un’azienda italiana.
Così, l’Italia ha tassato TFR e incentivo all’esodo, e il lavoratore ne ha chiesto il rimborso. Di contro, la Corte ha dato ragione al lavoratore, poiché da quando delineato solo il Regno Unito avrebbe potuto tassare quei redditi. L’Italia ha quindi, dovuto rimborsare le imposte trattenute.
Ma come chiedere il rimborso delle tasse italiane non dovute? Se si ha pagato delle tasse in Italia su redditi tassabili solo all’Estero, bisogna presentare la richiesta di rimborso all’ADE, allegandovi il certificato di residenza fiscale Estero per l’anno, rilasciato dall’autorità fiscale del Paese straniero.
In conclusione, la tassazione segue la “geografia”, non il passaporto. Quindi, conta dove si vive e lavora fiscalmente, non la nazionalità e dove ha sede il datore. Per tutto questo, non esiste subire una doppia tassazione.