Ore extra fatte senza permesso? In tanti pensano che, senza un “sì” esplicito, quel tempo in più resti non retribuito. Ma è davvero così? Esistono situazioni in cui il lavoro straordinario è pagato anche senza un via libera ufficiale. Tra leggi, contratti e sentenze recenti, emerge una verità che cambia le regole del gioco. Non sempre serve un’autorizzazione per vedere riconosciuto il proprio impegno.
In certi ambienti di lavoro restare oltre l’orario è quasi un’abitudine. Si fa perché c’è urgenza, perché qualcuno manca o semplicemente perché “serve”. Non c’è sempre un ordine scritto o un permesso firmato. A volte nemmeno una parola. Ma chi lavora davvero in quelle ore, spesso si chiede se quel tempo abbia un valore economico, o se sia solo fatica gratuita.

Molti si ritrovano a gestire emergenze, scadenze che piovono all’ultimo momento o attività che non possono essere lasciate a metà. In questi casi, il tempo si allunga e il dubbio cresce: quelle ore in più verranno riconosciute? E se nessuno le ha approvate, c’è comunque diritto al pagamento?
Il confine tra dovere e abuso non è sempre chiaro, ma esistono regole precise che tracciano la linea tra ciò che è lecito e ciò che è dovuto. E ultimamente, anche i giudici si sono pronunciati su questo tema con una chiarezza che non lascia spazio a dubbi.
Il tempo extra non è mai gratis: cosa stabilisce la legge
Il tempo eccedente l’orario di lavoro ordinario non può essere trattato come un “favore” al datore di lavoro. La legge fissa l’orario settimanale in 40 ore, ma ammette variazioni se previste dai contratti collettivi. Esiste comunque un tetto invalicabile: 48 ore medie a settimana, su un massimo di 4 mesi. E anche la giornata lavorativa ha un limite: dopo 13 ore si entra in zona rischio per la salute.

Non tutto però è nelle mani degli accordi sindacali. Quando non ci sono indicazioni precise, lo straordinario può essere usato fino a 250 ore all’anno. Deve però esserci una necessità reale: esigenze produttive impreviste, pericoli immediati, eventi eccezionali. Al di fuori di questi casi, diventa difficile giustificarne l’uso continuativo.
Un aspetto poco noto è che lo sfruttamento sistematico di ore in più – soprattutto se supera i limiti previsti – può generare danni alla salute del lavoratore. La giurisprudenza parla chiaro: chi viola le regole espone l’azienda a responsabilità anche costituzionali. Per questo, il ricorso eccessivo agli straordinari non è solo una questione economica, ma anche di sicurezza.
Ore extra senza autorizzazione: quando spettano comunque
Capita spesso che il lavoro straordinario venga svolto senza un’autorizzazione formale. Ma se il datore di lavoro è a conoscenza di quella prestazione e non interviene per impedirla, si presume che l’abbia accettata. Questo principio è rafforzato dall’art. 2126 del codice civile, che garantisce la retribuzione anche in caso di violazione di norme a tutela del dipendente.
Nel concreto, può succedere quando un lavoratore completa un’attività urgente, copre l’assenza improvvisa di un collega o gestisce un problema tecnico che minaccia la produzione. Se queste ore risultano documentate, tramite badge, testimoni o registrazioni digitali, il pagamento diventa un diritto, anche senza un’approvazione scritta.
Una recente sentenza della Cassazione (n. 17192/2024) ha confermato questo orientamento: alcuni infermieri, pur senza autorizzazione formale, avevano lavorato oltre l’orario per esigenze assistenziali. Il giudice ha riconosciuto la validità delle loro prestazioni, obbligando l’azienda al pagamento.
In fondo, la vera domanda non è solo se gli straordinari siano stati autorizzati, ma se siano stati davvero necessari e conosciuti dal datore. In un contesto dove il silenzio vale più di molte firme, anche il lavoro “non ufficiale” può trasformarsi in diritto retribuito. Forse è il momento di guardare a quel tempo in più con occhi diversi.