Una pedalata può sembrare innocua, soprattutto dopo una serata tra amici. Eppure, anche su due ruote, le conseguenze possono essere gravi quando entra in gioco l’alcol. C’è chi pensava di fare la scelta giusta evitando l’auto, ma si è ritrovato coinvolto in una vicenda giudiziaria pesante. Quello che sembrava un semplice rientro si è trasformato in un caso emblematico, destinato a far discutere. Una storia vera che rivela quanto poco si sappia davvero sulle regole che valgono anche per chi va in bicicletta.
In tanti considerano la bicicletta un mezzo sicuro e “fuori dalle regole”, lontano dai pericoli e dalle sanzioni previste per chi guida veicoli a motore. Ma è davvero così? Basta togliere il piede dall’acceleratore e mettere le mani sul manubrio per sentirsi esenti da responsabilità?

La realtà è ben diversa. La legge non distingue tra auto e bici quando si tratta di guida in stato di ebbrezza, e chi sottovaluta questo aspetto può pagarne le conseguenze in modo molto serio.
Non è un caso isolato. L’episodio accaduto a Genova lo dimostra con forza. Un insegnante precario aveva deciso di muoversi in bicicletta per un aperitivo. Nessun pericolo in vista, nessun traffico da affrontare. Ma il ritorno verso casa ha cambiato tutto. Un controllo dei vigili urbani, un test dell’alcol, e all’improvviso quella scelta “responsabile” si è trasformata in un errore fatale. Ecco che la bicicletta, da simbolo di libertà urbana, diventa un mezzo sottoposto alle stesse regole dell’auto.
Una serata tranquilla si trasforma in condanna: cosa accade quando si guida la bici dopo aver bevuto
Dopo il controllo, il test ha rivelato un tasso alcolemico oltre i limiti. La sanzione è stata immediata: una multa di 1100 euro e una condanna a 60 giorni di reclusione, poi convertita in 130 ore di lavori socialmente utili. L’insegnante si è ritrovato a cercare una struttura dove scontare la pena: alla fine ha trovato un incarico in una bocciofila, dove ha iniziato a svolgere attività manuali e a occuparsi della raccolta differenziata. Una lezione amara, ma chiara.

Non importa che si trattasse di una bici. Non importa che non ci siano stati incidenti o pericoli evidenti. La guida in stato di ebbrezza è considerata reato anche per i ciclisti, quando il tasso supera 0,8 g/l. La legge è precisa, e chi sbaglia paga. La convinzione che basti evitare l’auto per essere al sicuro dalle sanzioni non regge più. La sentenza della Cassazione n. 6119/2018 ha chiarito senza ambiguità che l’articolo 186 del Codice della strada si applica anche ai conducenti di velocipedi, se in stato di alterazione alcolica.
Le nuove sentenze non lasciano scampo: anche senza test, il ciclista può essere condannato
La Cassazione, con la sentenza depositata il 2 giugno 2024, ha aggiunto un tassello importante: non serve più per forza un test alcolemico per stabilire la responsabilità penale. I giudici hanno stabilito che, poiché l’esame strumentale non costituisce una prova legale, la condanna può basarsi su elementi obiettivi e sintomatici: come l’andatura barcollante, l’alito fortemente alcolico, o uno stato di evidente alterazione. In mancanza del test, il giudice può formare il proprio convincimento anche solo tramite la relazione degli agenti intervenuti.
Questa interpretazione apre a nuove possibilità per le forze dell’ordine, ma lascia anche spazio a opinioni contrastanti. Da un lato si facilita il lavoro nei controlli su strada, dall’altro si aumenta il margine di valutazione soggettiva. In ogni caso, il messaggio è chiaro: anche in bicicletta, l’alcol può portare a gravi conseguenze. E le sentenze della Cassazione stanno costruendo un orientamento sempre più fermo nel ribadire che ogni veicolo, a pedali o a motore deve essere condotto in piena lucidità.