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Economia e Finanza

Pensione di invalidità: attenzione, in questi particolari casi si trasforma in pensione di vecchiaia

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Il disabile che percepisce la pensione di invalidità, al compimento dei 67 anni di età, deve presentare domanda per la pensione di vecchiaia. Ma cosa cambia?

Gli invalidi, nella maggior parte dei casi, non sono in grado di svolgere alcuna attività lavorativa e, per tale ragione, percepiscono la pensione di invalidità parziale o totale.

Foto Canva

La pensione di invalidità è una prestazione economica erogata in favore degli invalidi civili, con una documentata ed assoluta inabilità lavorativa, che hanno un’età compresa tra i 18 anni e i 67 anni.

Si tratta di una misura che ha natura assistenziale e che, dunque, non dipende da determinate condizioni contributive, bensì solo da requisiti reddituali. Il beneficiario, infatti, non deve possedere redditi di valore maggiore alla soglia stabilita. La soglia per la pensione di invalidità totale è, ovviamente, più alta di quella parziale.

Per tutti i dettagli sulla misura, consulta: “Pensione di invalidità: con quali malattie si ottiene l’assegno mensile“.

Bisogna precisare, inoltre, che l’erogazione dell’assegno non spetta per sempre. In particolare, ci sono casi in cui esso si trasforma in un altro tipo di prestazione. Analizziamo la disciplina normativa e vediamo in che modo avviene tale passaggio.

Pensione di invalidità: a chi spetta?

La pensione di invalidità è stata introdotta dall’art. 12 della Legge n. 118/1971. Spetta ai cittadini italiani residenti in Italia, ai cittadini comunitari e ai cittadini extracomunitari soggiornanti in territorio italiano (in seguito alla Sentenza della Corte Costituzionale n.187/2010, non si richiede più il requisito del possesso della Carta di soggiorno).

Possono fare richiesta per la prestazione economica gli individui che hanno un’età compresa tra i 18 e i 67 anni. Tale requisito anagrafico sarà in vigore fino al 31 dicembre 2024; dopo tale data, infatti, dovrà esserci l’adeguamento ai possibili aumenti della speranza della vita.

L’assegno è versato per 13 mensilità e decorre al primo giorno del mese successivo a quello in cui è stata presentata la domanda per la verifica dell’inabilità. Per l’anno in corso, esso è pari a 291,98 euro al mese; solo per gli invalidi totali, che soddisfano specifici requisiti, l’importo può salire fino a 660 euro al mese.

Per ulteriori approfondimenti, leggi anche: “Pensione di invalidità, come ottenere l’assegno prima dei 67 anni? Tutte le vie di uscita“.

Limiti di reddito

Per ottenere la prestazione economica, è, inoltre, necessario possedere un grado di invalidità di almeno il 74%. Trattandosi di una misura assistenziale, essa non è in alcun modo legata all’anzianità contributiva del beneficiario, ma si basa esclusivamente sul reddito personale dichiarato.

Sia l’assegno per gli invalidi parziali, sia quello per i totali, inoltre, non dipendono dal reddito familiare o del coniuge.

Pensione di invalidità: quando diventa pensione di vecchiaia?

Abbiamo già specificato che si ha diritto alla pensione di invalidità dai 18 ai 67 anni di età. Che succede, dunque, al compimento dei 67 anni? Se l’invalido possiede anche contributi previdenziali, allora la prestazione diventerà Assegno Sociale. I requisiti prescritti per le due misure sono gli stessi e, quindi, anche l’Assegno Sociale non prende in considerazione i redditi coniugali, ma solo quelli personali.

Ma cosa succede se il disabile ha maturato anche almeno 20 anni di contribuzione? Se l’invalido ha svolto un’attività lavorativa, al momento del raggiungimento dei 67 anni di età, dovrà fare richiesta per la pensione di vecchiaia.

Per mezzo di tale operazione, tuttavia, la misura non avrà più natura assistenziale, bensì previdenziale. I vantaggi di questo passaggio non sono pochi.

La pensione di invalidità, infatti, dipende direttamente dal reddito personale del beneficiario. La pensione di vecchiaia, invece, no. Questo significa che, se il disabile vuole, può anche svolgere un’attività lavorativa. Ovviamente, l’importo percepito non sarà più lo stesso; al compimento dei 67 anni di età, infatti, esso è calcolato sulla base dei contributi previdenziali posseduti.

Qualora l’invalido avesse maturato contribuzione anche prima del 1° gennaio 1996 e percepisse un assegno pensionistico di importo esiguo, sarà anche destinatario di integrazione al trattamento minimo. In pratica, percepirà una pensione di circa 525 euro al mese.

Un ulteriore vantaggio della pensione di vecchiaia, infine, è che è reversibile ai superstiti. Dunque,  in caso di morte dell’invalido, il coniuge, i figli e gli eventuali familiari, avrebbero diritto ad ottenere l’erogazione di una quota del suo assegno pensionistico.

Antonia Festa

Sono una giurista, grande appassionata del mondo classico, di letteratura, politica, musica, teatro e cinema, divoratrice di serie TV. Sono socia di una compagnia di teatro amatoriale e ho curato la sezione 'Intrattenimento' per un giornale online, recensendo film e spettacoli televisivi e teatrali. Attualmente, lavoro come web content writer, occupandomi soprattutto di temi di natura previdenziale ed economica, che mi permettono di coltivare e approfondire il mio interesse per il diritto.

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