Dopo l’elezione del nuovo esecutivo ci saranno grandi novità in arrivo, soprattutto per quanto riguarda l’argomento pensioni 2023.
In vista delle elezioni del 25 settembre e della nomina di un nuovo esecutivo, che salirà al Governo, i molti si domandano se avverrà una riforma delle pensioni che andrà a sostituire l’attuale legge Fornero.
Attualmente, il sistema pensionistico italiano prevede un rigido regime che consente di ritirarsi dal lavoro a 67 anni di età a prescindere dal genere del lavoratore.
Si tratta di un requisito anagrafico estremamente alto, che per anni è stato aspramente criticato. Nel corso degli anni, molti lavoratori prossimi alla pensione hanno potuto accedere a diverse misure di pensionamento anticipato. Tuttavia, questi strumenti sono stati utilizzati solo dai lavoratori che erano in possesso di specifici requisiti.
Dunque, per la maggior parte dei futuri pensionati è stato necessario attendere il raggiungimento di 67 anni di età.
Al momento, le forze politiche sono in piena campagna elettorale. Pertanto, si susseguono le promesse in merito ad una possibile riforma del sistema pensionistico. Tuttavia, è giusto ricordare che cambiare drasticamente il sistema di pensionamento è un’opzione inverosimile.
Pertanto, difficilmente il nuovo esecutivo riuscirà, nel giro di pochi mesi, a sostituire completamente la legge Fornero. Fermo restando che è plausibile attendere una modifica graduale del sistema previdenziale.
In attesa che il nuovo esecutivo salga al potere e inizi ad attuare il suo programma elettorale, possiamo ipotizzare quali sono le opzioni a cui andremo incontro.
Fino al 31 dicembre 2022, alcuni lavoratori avranno la possibilità di sfruttare le misure di pensionamento anticipato. In questo modo, i futuri pensionati del 2023 potranno dribblare la riforma Fornero.
Per il prossimo anno, invece, la riforma di pensionamento di vecchiaia attualmente in vigore tornerà in auge. A meno che il nuovo esecutivo non prorogherà le forme di pensionamento anticipato o non ne promuoverà di nuove.
Alcuni sindacati stanno spingendo da anni per la riforma del sistema pensionistico e l’introduzione di una misura che consenta di ritirarsi dal lavoro a 62 anni di età con 20 anni di versamenti contributivi.
In questo modo, il lavoratore avrebbe la possibilità di scegliere in maniera autonoma se uscire a 62 anni o a 67 anni di età.
Sebbene, la proposta sembri essere estremamente interessante, occorre sperare che trovi il placet della forza politica di maggioranza, che salirà al Governo dopo il 26 settembre.
L’idea di potersi ritirare dal lavoro a 62 anni di età con 20 anni di versamenti contributivi sembra essere estremamente interessante. Tuttavia, lascia molti dubbi la questione relativa all’impatto che questo sistema pensionistico avrebbe sulle casse statali.
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