Rivalutazione delle pensioni: l’importo massimo e minimo spettante in base all’assegno e al reddito

Per contrastare gli effetti negativi dell’inflazione il Decreto Aiuti Bis anticipa la rivalutazione delle pensioni.

Per proteggere il potere d’acquisto legato a più di venti milioni di pensioni il Governo ha anticipato l’adeguamento al tasso di inflazione.

Pensione di reversibilità 2022
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Di norma vengono riconosciuti gli aumenti del costo della vita che rilevati dall’Istat adeguano le pensioni per garantire la stabilità del livello di spesa dei pensionati italiani.

Durante lo scorso gennaio vi è stato l’adeguamento delle pensioni al tasso di inflazione con un aumento dell’1,9%. La differenza in questione si sarebbe dovuta applicare alle pensioni a partire da gennaio 2023, tuttavia a causa della congiuntura straordinaria il governo ha voluto applicare fin da subito l’aumento.

In riferimento al trattamento pensionistico in riferimento alle mensilità di ottobre, novembre e dicembre 2022, compresa la tredicesima è riconosciuto quindi in via transitoria un incremento di due punti percentuali.

L’incremento anticipato delle pensioni non interesserà tutti i pensionati ma solo coloro che hanno redditi pari o inferiori a €35.000. Chi percepisce un reddito di importo superiore avrà solo l’anticipo del conguaglio dello 0,2% con gli arretrati maturati durante i primi 10 mesi dell’anno.

Gli aumenti della pensione in base agli scaglioni dell’assegno e del reddito

Gli aumenti non saranno uniformi per tutti; a partire dalla pensione minima pari a 524,34 e fino al suo quadruplo la rivalutazione sarà pari al 2,2%. Scende invece leggermente la maggiorazione dell’assegno con una pensione tra le 4 e le 5 volte il trattamento minimo. Chi guadagna un massimo di 2621,7 euro al mese avrà un incremento della pensione dell’1,98%. Oltre questa cifra invece la revisione dell’incremento porta la percentuale all’ 1,65%.

La rivalutazione delle pensioni è un meccanismo che serve ad adeguare gli importi degli assegni, in base al costo della vita. Nei primi sei mesi del 2022, si è assistito a un aumento del tasso di inflazione superiore in media al 5%. A questo si aggiungono i costi diretti dell’aumento delle utenze elettriche e di gas nonché dei carburanti.

L’aumento previsto a partire da ottobre 2022 è minimo, l’inflazione ha già eroso i risparmi ed è attualmente intorno all’8%. Il fenomeno che sta venendo corretto dalle manovre di politica monetaria verrà riassorbito entro il 2% non prima di sei mesi. Soprattutto se si tiene conto che il tasso di inflazione ha raggiunto lo 8%. Dunque, la perequazione prevista dal decreto aiuti bis non riuscirà a livellare in maniera significativa l’erosione di pensioni e stipendi.

Tfr e Tfs colpiti dall’inflazione e dall’aumento dei tassi di interesse

Un altro effetto dei caro prezzi e dell’aumento dei tassi è la variazione, questa volta negativa della liquidazione per i dipendenti pubblici. Tfr, trattamento di fine rapporto e il Tfs trattamento di fine servizio vengono liquidati ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni.

Per avere immediatamente la liquidazione senza attendere dai 12 mesi ai cinque anni a seconda della legge con la quale si è andati in pensione è stato previsto un anticipo bancario a prezzo calmierato. Il meccanismo sottoscritto dal governo e rinnovato qualche giorno fa per altri due anni permette di ottenere un prestito fino a 45 mila euro a un tasso dello 0,40% più il cosiddetto “rendistato”. È questo che calcolato su un paniere di titoli pubblici ha iniziato a salire e influire così sul tasso di interesse. Ora l’anticipo bancario della liquidazione di fine rapporto costa fino al 2% all’anno.

Ma con l’inflazione che corre è peggio ancora lasciare i soldi all’Inps e attendere la liquidazione dopo due o tre anni. Si riceverebbe un capitale svalutato di almeno il 12% rendendo l’attesa ancora più difficile.

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