Petrolio e benzina, nonostante il calo delle quotazioni il prezzo alla pompa non scende: le motivazioni

Mentre il prezzo del petrolio da qualche settimana ha cominciato un importante ridimensionamento, benzina e diesel sono ancora a ridosso dei 2 euro al litro.

Nonostante il dietrofront del prezzo del petrolio, in Italia i prezzi dei carburanti non sembrano più seguire il valore della materia prima.

Petrolio e benzina
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Il mercato nelle ultime settimane avrebbe dovuto fare respirare anche gli automobilisti, ma benzina e diesel nonostante la proroga del taglio delle accise di 30 centesimi al litro, il prezzo è rimasto più alto delle aspettative.

Ridurre le tasse sui carburanti non ha portato ai benefici sperati e ora che il petrolio da circa un mese è calato del 15% l’effetto è ancora più evidente. Il mercato naturalmente è più complesso e non riflette direttamente le variazioni del brent. Tuttavia se da una parte crolla il prezzo del petrolio, dall’altra non cala il prezzo del carburante, qualcosa non quadra.

Petrolio e benzina; ecco perché il mercato questa volta riflette in modo diverso le variazioni del prezzo

Al 13 luglio 2022 la benzina costa mediamente 2,018 euro, con il brent a quota 100 dollari al barile. Nel 2008 le quotazioni del brent raggiunsero il record in assoluto a 147 dollari al barile, ma in quel periodo la benzina costava 1,38 euro al litro. Oggi assistiamo quindi al più grande aumento del prezzo netto di sempre, di 1,188 euro al litro.

La spiegazione può essere ricercata nel processo produttivo e nei costi che vengono accumulati, in questo particolare periodo, nello stoccaggio e nel trasporto. L’industria altamente energivora deve fare i conti con i costi di lavorazione e raffinazione, che si mantengono fissi rispetto a quelli del mercato del petrolio.

Se i costi dell’energia aumentano questo si riflette di conseguenza anche sul prezzo per il consumatore finale. Così l’inflazione si riverbera sul costo di tutta la filiera, incluse le attività di distribuzione e trasporto. Il processo che porta al prodotto finito ha un’incidenza di circa il 20-25% sul prezzo della benzina.

Oltre questo il paragone con i precedenti periodi di massimi, il 2008 e il 2014 ha altre differenze. L’aspettativa di un taglio delle forniture e la durata più strutturale dei rincari rendono più difficile una flessione del prezzo al dettaglio.

Oltre questo va tenuto presente che rispetto a quegli anni il contesto economico è fortemente mutato. Solo dal 2008 a oggi sono state introdotte accise per un valore complessivo di 17,5 centesimi. Le motivazioni sono le più svariate, l’Iva infine è passata dal 18 al 22%. Un ulteriore punto di differenza è il cambio euro dollaro, più debole in nostro sfavore oggi di quasi il 50%.

Delle variabili sopra menzionate il peso maggiore del prezzo dei carburanti è determinato per dalla componente fiscale, che ad oggi vale circa il 60% del prezzo. Senza le accise il costo dei carburanti italiani sarebbe più basso della media europea. Le accise sulla benzina, considerando il decurtamento di 30 centesimi, sono pari a 47,8 centesimi mentre l’IVA aggiunge altri 36,6 centesimi di costo. Un prelievo fiscale di circa 1 euro che farebbe in sua assenza, dimezzare i prezzi attuali.

In conclusione, il prezzo del greggio incide per meno di un quarto sul prezzo finale dei carburanti alla pompa e non è detto perciò che il prezzo di mercato rispecchi quello al dettaglio.

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