Piazza Affari si prepara a un nuovo capitolo di crescita, spinta dal dinamismo dei titoli italiani e dalle proiezioni ottimistiche per il 2026.
Il listino milanese, reduce da un triennio di forte accelerazione, continua ad attirare l’attenzione degli investitori grazie a valutazioni ancora competitive e a un contesto macroeconomico in miglioramento. Le analisi prospettano un anno favorevole soprattutto per mid e small cap, sostenute da liquidità e nuove iniziative strategiche.

Il mercato italiano affronta una fase di rinnovato interesse, alimentata da un mix di fattori che solleva interrogativi sulle prospettive di crescita, sulla solidità degli utili e sulle opportunità settoriali. Tra rally bancari, revisioni del Pil, politiche fiscali e dinamiche del debito, emergono temi centrali legati alla stabilità finanziaria, alla valutazione dei multipli e alla ricerca di rendimento. Le previsioni per l’economia reale, il ruolo dei fondi strategici, il comportamento dei mercati globali e il confronto con gli indici statunitensi alimentano un dibattito che coinvolge analisti e investitori. Le domande più ricorrenti riguardano la sostenibilità del rally, i settori più promettenti, il valore potenziale dei titoli domestici e il modo in cui l’intelligenza artificiale stia trasformando le borse mondiali.
Piazza Affari verso il 2026: perché gli analisti puntano su un nuovo ciclo rialzista
Il Ftse Mib continua a mostrare un andamento solido nonostante il recente ritracciamento tecnico e l’effetto dello stacco dividendi. Dall’inizio dell’anno registra un incremento intorno al 23%, risultato che si inserisce in un percorso più ampio: rispetto all’ottobre 2022, l’indice ha più che raddoppiato il proprio valore, superando la soglia dei 20mila punti e consolidando un trend sostenuto in larga parte dal rally del comparto bancario.

Secondo gli analisti, il 2026 si prospetta un anno favorevole per l’azionario italiano grazie a un quadro macro in progressivo miglioramento. La crescita del Pil reale dovrebbe rafforzarsi pur restando sotto l’1%, sostenuta principalmente dalla domanda interna, mentre l’inflazione dovrebbe scendere sotto il 2% grazie al calo dei prezzi all’import e a costi domestici più contenuti. Anche il deficit pubblico segue una traiettoria di riduzione, con stime al 3% per il 2025 e al 2,8% per il 2026, mentre il rapporto debito/Pil potrebbe salire a causa degli effetti ritardati dei crediti d’imposta destinati alle ristrutturazioni.
L’ottimismo deriva anche da fattori strutturali come la maggiore stabilità politica e il restringimento dello spread Btp-Bund, elementi che favoriscono valutazioni contenute e margini di rialzo. Gli utili attesi per il 2026, pari a 84 miliardi di euro, suggeriscono un incremento del 13% annuo, superiore alla media storica. Le metriche di mercato rafforzano la narrativa: il P/E a 24 mesi del listino italiano si colloca intorno a 11 volte, inferiore alle circa 14 volte della media europea. Nel settore bancario emergono livelli di redditività più elevati, con P/E a 9 volte rispetto alla mediana degli ultimi sette anni pari a 7 volte, un dato che risponde anche alla domanda più frequente tra gli investitori su “quanto valgono oggi le banche italiane” e perché risultino così attraenti.
I titoli da monitorare e il confronto con i mercati globali
Le previsioni settoriali indicano un incremento limitato degli utili per finanziari e utilities, compensato però da rendimenti robusti grazie a dividendi e programmi di buyback. I comparti consumer discretionary, industriale e Tmt mostrano invece un potenziale di crescita più consistente, suggerendo un orientamento favorevole verso società capaci di intercettare la ripresa dei consumi e l’evoluzione tecnologica.
Le opportunità più interessanti emergono però tra mid e small cap, che presentano valutazioni scontate di circa il 10% rispetto alla media storica e possono beneficiare di nuova liquidità grazie ai fondi legati al Fondo nazionale strategico, con un volume previsto pari o superiore a 700 milioni di euro.
Tra i titoli più promettenti per il 2026 emergono, all’interno del Ftse Mib, Azimut, Campari, Lottomatica, Saipem e Stellantis, mentre nel segmento mid cap figurano De’ Longhi, Ferretti, Mfe A, Moltiply e Reply. Le small cap più apprezzate includono Abp Nocivelli, Fila, First Capital, GeneralFinance e Orsero, società che si distinguono per posizionamento di mercato e potenziale di crescita.
Sul fronte internazionale, il quadro risulta più complesso. I multipli dell’azionario globale hanno registrato una notevole espansione rispetto ai minimi di aprile dopo il cosiddetto “liberation day” USA. L’S&P 500 (che da solo rappresenta il 70% della capitalizzazione mondiale) tratta oggi a un P/E forward di 20 volte rispetto alle 15 volte di primavera. Il CAPE di Shiller si avvicina a quota 40, livello elevato che gli analisti collegano alla fase iniziale dell’espansione dell’intelligenza artificiale. Il boom dei capex degli hyperscaler, stimati a 368 miliardi nel 2025 e in crescita del 66% annuo, mostra quanto la trasformazione digitale stia ridisegnando il mercato globale. Restano però interrogativi sulla piena monetizzazione dell’AI e sulle modalità di finanziamento di questa accelerazione tecnologica.