Esistono storie che non finiscono nei libri, ma che si vivono ogni giorno in silenzio, tra una telefonata e una corsa in farmacia, tra documenti da compilare e ore in sala d’attesa. La parola caregiver può sembrare tecnica, distante, ma in realtà racchiude una vita fatta di tempo donato e scelte che cambiano la quotidianità.
In questo intreccio di impegno e affetto, c’è un aspetto che molti trascurano: il valore legale di questo ruolo e il legame con i diritti e doveri previsti dalle norme.

Perché la cura non è solo un fatto privato: è anche questione di riconoscimento, di accesso a tutele concrete e di consapevolezza di ciò che la legge prevede. Senza queste basi, chi si prende cura rischia di restare nell’ombra, invisibile anche davanti alle istituzioni.
Pochi sanno quali sono realmente i diritti e i doveri del caregiver: il quadro normativo e i requisiti fondamentali
In Italia, il termine caregiver familiare è entrato ufficialmente nella legislazione con la Legge di Bilancio 2018, che lo definisce come la persona che presta assistenza in modo continuativo e gratuito a un familiare con disabilità grave, riconosciuta ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della Legge 104/1992.

Questo riconoscimento, ottenuto tramite visita medico-legale dell’INPS, è il primo passo per poter richiedere tutele e agevolazioni. Il ruolo non riguarda lavoratori retribuiti, ma congiunti legati da parentela entro il secondo grado, o entro il terzo in situazioni particolari, come la perdita dei genitori della persona assistita. L’assistenza deve essere volontaria e costante, senza alcun contratto con la persona curata. Non è obbligatoria la convivenza, ma in alcune regioni la residenza condivisa può facilitare l’accesso a determinati aiuti. Dimostrare i requisiti richiede documenti ufficiali, autocertificazioni e, talvolta, l’iscrizione in registri comunali o regionali, anche tramite portali online. Questi registri, sebbene non obbligatori, possono semplificare l’accesso a contributi e servizi, come nel caso di bonus annuali previsti in Regioni come Emilia-Romagna, Lazio o Lombardia. La frammentazione normativa, però, fa sì che le modalità cambino da territorio a territorio, creando differenze significative tra chi vive in una regione e chi in un’altra.
Pochi sanno quali sono realmente i diritti e i doveri del caregiver: tutele concrete e lacune ancora aperte
Il riconoscimento ufficiale del ruolo di caregiver permette di accedere a diversi benefici. Sul piano lavorativo, la Legge 104 concede tre giorni di permesso retribuito al mese, mentre il congedo straordinario può arrivare fino a due anni, garantendo il mantenimento del posto e un’indennità pari all’ultima retribuzione. Nei settori pubblici, esiste anche la possibilità di avere precedenza nei trasferimenti. Dal punto di vista fiscale, si può usufruire di detrazioni per le spese sanitarie, esenzioni dai ticket e, in base alla regione, contributi economici per assistenza domiciliare o supporto psicologico. Alcune ASL e Comuni offrono sportelli di ascolto e gruppi di sostegno gratuiti, utili per ridurre lo stress e contrastare l’isolamento. Tuttavia, la mancanza di una legge nazionale unica genera disparità, lasciando alcuni caregiver senza un adeguato sostegno economico o servizi dedicati. Sul fronte previdenziale, il quadro è ancora debole: non esiste una tutela pensionistica specifica, se non per chi sceglie la contribuzione figurativa o volontaria presso l’INPS. Questa carenza normativa ha conseguenze tangibili: chi assiste può restare escluso da decisioni mediche rilevanti, nonostante conosca nel dettaglio i bisogni quotidiani della persona accudita. In Parlamento si discute da tempo di una riforma per uniformare le regole e rafforzare i diritti, ma il percorso legislativo è ancora in corso.