Pensi che l’IMU non sia un tuo problema solo perché la casa è “di famiglia”? Attento: anche una quota può costarti cara. Ci sono regole precise per evitare la tassa sulla prima casa, ma basta poco per uscirne. E quando la casa è condivisa, magari tra fratelli, la situazione si complica. Una recente sentenza della Cassazione ha messo fine ai dubbi, ma non senza sorprese.
Parlare di IMU è spesso sinonimo di confusione. Alcuni pensano che basti avere la residenza, altri credono che un legame di sangue con chi abita l’immobile basti per ottenere l’esenzione. In realtà, la normativa non lascia troppo spazio all’interpretazione: o ci sono i requisiti, o si paga.
In linea generale, la prima casa, cioè l’abitazione principale, è esente dall’IMU solo se chi la possiede soddisfa due condizioni contemporaneamente: deve avere la residenza anagrafica e deve vivere stabilmente nell’immobile, cioè avervi la dimora abituale. Sono due facce della stessa medaglia, e devono riguardare la stessa persona. Se manca anche solo uno di questi elementi, l’esenzione salta.
Poi ci sono i casi particolari, come quello delle abitazioni concesse in comodato gratuito a genitori o figli. Qui la legge consente uno sconto del 50% sulla base imponibile IMU, a patto che il contratto sia registrato, il proprietario risieda nello stesso Comune e non possieda altri immobili in Italia (esclusa la prima casa). Anche in questo caso, dunque, non si parla di esenzione totale, ma solo di riduzione parziale.
Quando però la casa è co-intestata, la situazione diventa più delicata. È questo il cuore del problema affrontato dalla Cassazione con l’ordinanza n. 9430 del 2025. La questione era semplice solo in apparenza: due fratelli erano comproprietari al 50% di un’abitazione. Uno dei due ci viveva con la propria famiglia, con tanto di residenza e utilizzo quotidiano dell’immobile. L’altro viveva altrove.
Il fratello non residente riteneva di non dover pagare nulla, sostenendo che la casa fosse comunque usata come abitazione principale e che l’uso da parte del fratello residente fosse da considerare “comune”. Ma la Cassazione ha detto no. L’esenzione IMU, ha spiegato, è un beneficio personale. Si applica solo alla quota del comproprietario che risiede e vive stabilmente nella casa. L’altro, pur non beneficiando dell’uso dell’immobile, deve pagare l’IMU sulla sua metà, perché per il fisco quella è una seconda casa.
Questo principio, già espresso in altre sentenze (come la n. 24462/2022), si fonda sul fatto che le esenzioni fiscali, in quanto eccezioni, non possono essere estese a chi non rientra nei requisiti. Non basta quindi che la casa venga interamente usata da un parente per essere considerata “prima casa” per entrambi.
Una situazione apparentemente familiare e semplice può trasformarsi in un imprevisto fiscale. Forse la vera domanda da porsi è: sei davvero sicuro di conoscere le regole quando la casa è condivisa?
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