Quattro errori più comuni degli investitori con portafogli in perdita

In questo periodo di turbolenze finanziarie è importante trovare il giusto compromesso tra il desiderio di guadagnare e la necessità di proteggere il capitale.

Per riuscire a mantenersi in profitto e proteggersi dalle perdite è utile conoscere quattro tipi di errori più comuni degli investitori con portafogli in perdita.

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La finanza comportamentale ha messo in evidenza come le perdite finanziarie siano riconducibili a condizioni di base simili per tutti. Sebbene gli errori che si possono compiere abbiano una casistica molto variegata sono tutte riconducibili a cause ricorrenti.

Le quattro più frequenti sono tutte relative all’incapacità di accettare la perdita. Le variabili di influenza possono essere riassunte in: tempo, denaro, emozione e convinzione. Essendo sinceri con noi stessi, possiamo accorgerci di una o più di queste variabili siano la causa di una parte consistente delle nostre perdite. Lo scopo del trader non è quello di evitare gli errori, ma di accorgersi per tempo chiudendo con disciplina le posizioni in perdita. Questo è il primo errore commesso da chi ha un portafoglio in perdita.

In secondo luogo, lo scopo del trader o dell’investitore non è semplicemente quello di guadagnare, ma di ottenere risultati positivi nel corso del tempo seguendo con disciplina un piano di trading finalizzato a raggiungere il proprio obbiettivo finanziario. In genere questo è possibile sia in un mercato rialzista che ribassista.

Raggiungere il proprio obbiettivo finanziario è possibile anche in un mercato ribassista

Per capire con qualche dato il potenziale di rendimento di un mercato ribassista è possibile osservare come dal 1929 allo scorso anno l’indice S&P 500 ha registrato 26 fasi ribassiste. In media ognuna di esse è durata dieci mesi e mezzo per un downtrend pari al 35,62%.

Il secondo errore commesso da chi ha un portafoglio in perdita, considerando anche i derivati, è quello di attendere troppo a lungo prima di modificare la propria posizione in acquisto. Ci sono infatti azioni che dopo un ventennio continuano a scendere. La grande incertezza sul futuro è una pressione difficile da sostenere con nuove decisioni e si preferisce attendere che le tendenze rientrino all’interno delle nostre aspettative iniziali.

Il terzo errore consiste nel sovrastimare la capacità del mercato di recuperare le fasi ribassiste in relazione alla nostra esigenza di guadagnare nel tempo o riportarci in profitto.

Da un’analisi delle serie storiche dal 1898 a oggi dell’indice MSCI World si evidenzia che se comprassimo ogni inizio mese questo indice, dopo 10 anni il risultato sarebbe quasi sempre positivo. Le azioni presenti in questo indice sono circa 1500 e sono ponderate secondo la loro capitalizzazione di mercato. Nonostante esse siano quindi rappresentative dell’Azionario globale, ciò non significa che siamo in grado con il nostro capitale di ammortizzarne i ribassi per tutto il tempo necessario, affinché esso possa staticamente riportarci in profitto.

Il quarto e ultimo errore è lasciarsi condizionare dall’esito delle operazioni passate applicando una reazione su base emotiva sugli investimenti presenti. Questo errore connesso alla durata dell’investimento è tipico delle fasi ribassiste. La fiducia sulle proprie capacità diminuisce influenzandoci emotivamente. Ciò porta a sbarazzarsi di investimenti in guadagno troppo presto per paura di perdere ciò che abbiamo accumulato sulla posizione.

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