Il regime rientro dei cervelli è uno degli incentivi fiscali più rilevanti degli ultimi anni, pensato per attrarre in Italia lavoratori qualificati che rientrano dall’estero. Ma cosa accade se, prima o dopo il rientro, si decide di aprire un fondo pensione o un PAC di risparmio? La compatibilità tra agevolazione fiscale e strumenti di investimento è un tema che interessa molti professionisti e ricercatori.
Chi pensa a un piano di risparmio spesso si trova davanti a tante opzioni: conti deposito, titoli di Stato, fondi comuni. I buoni fruttiferi, i piani di previdenza e i prodotti di accumulo regolari hanno caratteristiche diverse, ma un punto in comune: tutti interagiscono con la tassazione ordinaria. La normativa in materia di rientro dei cervelli riguarda invece solo i redditi da lavoro, ed è quindi importante capire come questi due mondi si intrecciano nella pratica.

La normativa di riferimento è chiara nell’indicare i requisiti di accesso all’agevolazione, ma non sempre lo è nel delineare gli effetti di scelte finanziarie personali. Per questo, è utile analizzare il quadro complessivo: il regime riguarda la tassazione dei redditi da lavoro prodotti in Italia, mentre la sottoscrizione di un fondo di previdenza complementare o di un piano di accumulo non modifica in sé le condizioni per beneficiare dell’agevolazione. Tuttavia, restano importanti alcuni vincoli da rispettare, in particolare la residenza fiscale e la modalità di tassazione ordinaria IRPEF. A ciò si aggiunge la necessità di garantire la permanenza effettiva in Italia per il periodo richiesto dalla legge, e di non modificare la propria posizione fiscale in modo da rientrare nel regime forfettario, che risulterebbe incompatibile. In sostanza, la strategia di risparmio personale deve sempre essere coerente con il quadro normativo di riferimento, per non perdere i benefici maturati.
Il regime “rientro dei cervelli” e la tassazione
Il regime impatriati, come disciplinato dal D.Lgs. 209/2023, consente una detassazione parziale dei redditi da lavoro prodotti in Italia da chi rientra dall’estero, con riduzioni imponibili che possono arrivare fino al 70% e, in specifici casi, all’80%. L’agevolazione si applica esclusivamente in regime di tassazione ordinaria IRPEF.

Non è quindi compatibile con il regime forfettario, che prevede un’imposizione sostitutiva e semplificata. Questo punto è fondamentale: chi intende usufruire dell’incentivo deve mantenere la tassazione ordinaria. Per questo motivo, l’apertura di un fondo pensione, che consente di dedurre i contributi versati fino a 5.164,57 € annui, non interferisce con i benefici, purché il lavoratore resti nel sistema IRPEF.
Compatibilità con fondi pensione e PAC di risparmio
L’investimento in un fondo pensione o in un PAC mensile non è limitato dalla normativa sul rientro dei cervelli. La disciplina agevolativa, infatti, non riguarda gli strumenti di risparmio o previdenza, ma esclusivamente i redditi da lavoro e assimilati prodotti in Italia.
Un soggetto iscritto all’AIRE, che rientra e trasferisce la residenza fiscale in Italia, può quindi sottoscrivere strumenti di previdenza complementare senza alcun rischio di perdere il beneficio. La deducibilità dei versamenti al fondo pensione si somma all’agevolazione impatriati, generando un ulteriore vantaggio fiscale.
Nel caso di un PAC, ossia un piano di accumulo di capitale, i proventi maturati rientrano nel regime ordinario di tassazione dei redditi finanziari, senza influire sulla compatibilità con il regime agevolativo.
Gli esperti sottolineano che il vero requisito da rispettare è la permanenza della residenza fiscale in Italia per il periodo previsto dalla legge, insieme al rispetto delle condizioni soggettive richieste (titolo di studio, esperienza lavorativa e durata del soggiorno all’estero). L’apertura di strumenti di risparmio o previdenza non incide su tali requisiti.
In conclusione, un soggetto rientrato in Italia con il regime rientro dei cervelli può aprire un fondo pensione o un PAC senza perdere i benefici fiscali. L’unico vincolo è l’applicazione della tassazione ordinaria IRPEF: se invece si sceglie il regime forfettario, l’agevolazione decade.