Rivalutazione delle pensioni: quali sono i coefficienti e a cosa stare attenti nel 2023

Salirà a 11,2 miliardi la spesa per le pensioni italiane nel 2024, raggiungendo quasi il doppio rispetto l’anno precedente. Nel frattempo, occhi puntati sulla rivalutazione del primo gennaio 2023.

Dal prossimo anno gli assegni previdenziali verranno adeguati al costo della vita rilevata dall’INPS nel corso degli ultimi 12 mesi.

pensioni 2023
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L’adeguamento delle pensioni è finalizzato a rendere congrui l’importi agli aumenti record del costo della vita avvenuti nell’ultimo anno. A compensazione quindi della perdita del potere d’acquisto il meccanismo di rivalutazione è calcolato ogni anno in base all’indice medio dei prezzi al consumo, per le famiglie di operai e impiegati. L’Istat determina gli indici mensili, la media annuale e la percentuale di variazione dandone successivamente comunicazione al Ministero dell’Economia.

Mentre la riforma della pensione è uno dei temi caldi rimasti al centro del dibattito parlamentare. Le pensioni italiane sono al centro dei programmi del centrodestra che fanno discutere sulla loro sostenibilità. Il compromesso tra spesa pubblica ed equità del sistema pensionistico si gioca su fragili equilibri in un contesto di risorse limitate.

Rivalutazione delle pensioni; quali sono i coefficienti?

L’aumento infatti interesserà esclusivamente gli assegni di importo fino a 4 volte il trattamento minimo, cioè circa 2.000 euro. Chi supera questa soglia avrà invece un adeguamento parziale rispetto all’importo complessivo.

Come trattamento minimo, si intende precisamente un assegno dell’importo di 515,58 euro.  La rivalutazione di gennaio 2023 delle pensioni comporterà un aumento degli assegni. Il Decreto Aiuti già dal mese di ottobre 2022 aveva erogato un anticipo pari a un incremento del 2% più la tredicesima per coloro che hanno una pensione lorda inferiore a 2.692 euro. A quanto ammonta la rivalutazione?

Nelle prossime settimane sarà ufficializzato il tasso di rivalutazione accertato dall’Istat per l’anno in corso. Questo coefficiente non dovrebbe essere inferiore al 7% pari all’ultima rilevazione sull’inflazione acquisita. Più veritiero ancora secondo le ultime stime si dovrebbe andare verso una rivalutazione pari all’8%.

La percentuale è applicata direttamente sull’assegno secondo i seguenti coefficienti:

  • Al 100% per assegni previdenziali inferiori a quattro volte il trattamento minimo.
  • Al 90% del tasso di rivalutazione per assegni previdenziali compresi tra le quattro e le cinque volte il trattamento minimo.
  • Si abbassa invece al 75% del tasso di rivalutazione per assegni previdenziali che superano le cinque volte il trattamento minimo.

Mentre appare chiaro il bisogno di compensare gli assegni in modo equo, si discute sul nuovo disegno di legge che dovrebbe sostituire la legge Fornero. L’ultima proposta in ordine temporale è quella introdotta da Giorgia Meloni. Il leader della coalizione di centrodestra propone una pensione anticipata a 58-59 anni con 35 di contributi e ricalcolo dell’assegno.

Tutto sarebbe basato sul modello contributivo in modo simili a ciò che già accade per Opzione Donna. La legge Fornero tornerà dal prossimo anno se al 31 dicembre non si sarà trovata una soluzione. Il vantaggio insito nel pensionamento anticipato viene annullato in queste proposte dalla riduzione dell’assegno che perderebbe in questo caso circa il 30% del valore.

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