SHEIN incontra difficoltà a farsi ammettere alla Borsa di Londra. Scopriamo questo vasto e opaco mondo dello sfruttamento dissimulato

Il colosso del fast fashion incontra un primo muro sulla sua strada espansionista: le accuse di sfruttamento dissimulato 

In un contesto in cui il governo britannico sta cercando di stimolare la crescita economica, alleggerendo i requisiti per le quotazioni in Borsa, si è fatto avanti l’enorme colosso del fast fashion. Lo conosciamo ormai anche noi nel mondo occidentale: Shein, ha conquistato un’enorme fetta di acquirenti nonostante le accuse mosse a tutela dei lavoratori.

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SHEIN incontra difficoltà a farsi ammettere alla Borsa di Londra. Scopriamo questo vasto e opaco mondo dello sfruttamento dissimulato (fonte: Ansa) -trading.it

Guardando alla borsa londinese, il protagonista della moda low cost ha fatto domanda per acquisire la sua parte di quotazioni, tuttavia la mossa azzardata ha alimentato ulteriori accuse mosse ormai da tempo nei confronti delle politiche di lavoro che non rispettano i diritti dei lavoratori, che invece li sfruttano e abusano del lavoro minorile.

Tra i protagonisti delle contestazioni c’è l’ONG Stop Uyghur Genocide (SUG), che ha portato l’azienda in tribunale accusandola di utilizzare cotone proveniente dalla regione cinese dello Xinjiang, da tempo famosa in occidente come teatro di presunti abusi sistematici dei diritti umani per lo sfruttamento della popolazione locale. A sostenere queste accuse, anche gli Stati Uniti e altre organizzazioni internazionali che da tempo denunciano le condizioni di lavoro forzato nella regione.

Shein e la quotazione a Londra: tra opportunità e polemiche

Nonostante l’attesa per l’IPO (offerta pubblica iniziale) di Shein, l’azienda sta incontrando ostacoli che rischiano di rallentare il processo di quotazione. La Financial Conduct Authority (FCA), l’ente che supervisiona la Borsa di Londra, sta infatti esaminando con attenzione le pratiche di monitoraggio della catena di fornitura di Shein, con particolare attenzione alle accuse relative al cotone dello Xinjiang. Diverse accuse hanno portato al cospetto della FCA la documentazione relativa all’origine del cotone utilizzato dal marchio.

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Shein e la quotazione a Londra: tra opportunità e polemiche – trading.it

Shein, da parte sua, ha cercato di difendersi, ma ormai le accuse sono profondamente radicate da rendere il vaso di Pandora molto più facilmente scoperchiabile. Ad agosto il colosso ha pubblicato un rapporto in cui affermava di aver individuato due casi di lavoro minorile, ma nessuna prova di lavoro forzato. L’azienda ha anche annunciato la creazione di un ESG Advisory Board (Un progetto che fa riferimento a comunicare valori quali sostenibilità ambientale, sociale e di governance).

Per quanto il marchio si sia impegnato a ripulire con un po’ di green washing la facciata, per molti cittadini di tutto il mondo risulta ancora poco credibile. Il fenomeno del fast fashion non può essere ‘green’ in quanto produrre milioni di abiti, collezioni su collezioni, capi che in meno di un mese saranno ormai rovinati e finiranno in discarica, è una logica di produzione continua e per niente sostenibile.

Le modalità di sfruttamento dissimulato nel mondo del fast fashion 

Il sistema che vede Shein come protagonista è in realtà sfruttato da tantissime altre aziende, più in generale da tutte quelle che vivono di fast fashion. L’idea è di produrre sempre capi nuovi, a una velocità inaudita. Tutte queste collezioni seguono la moda del momento ma risparmiano sui materiali e sulla manodopera. Attraverso lo sfruttamento dissimulato, le aziende traslano il comparto di produzione nei paesi in cui il lavoro costa pochissimo e ci sono meno norme sulla sicurezza e la tutela dei diritti dei lavoratori.

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Le modalità di sfruttamento dissimulato nel mondo del fast fashion – trading.it

Con questa delocalizzazione della produzione risulta molto più facile massimizzare i profitti e minimizzare le responsabilità. In questo contesto, infatti, le pratiche di subappalto permettono di scaricare la responsabilità diretta sul benessere dei lavoratori a terzi. Il sistema di subappalto rende difficile individuare le violazioni proprio perché i vari anelli della catena produttiva sono ‘distanti’ dalla casa madre.

A tutto ciò si aggiunge l’opacità delle catene di fornitura, che rende difficile tracciare la provenienza dei materiali e dei prodotti, impedendo così ai consumatori di fare scelte consapevoli, o di essere pienamente sicuri che i materiali rispettino i limiti di sostanze tossiche imposti dalla legge europea. L’operazione di richiesta sulla borsa londinese ha così aperto una ferita mai cicatrizzata, Shein ne è protagonista, ma i provvedimenti ricadranno anche sul resto della filiera: c’è bisogno di un intervento mondiale se non si vorrà morir sepolti da discariche di panni da smaltire.

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