Stop agli accertamenti dell’Agenzia delle Entrate: non può applicare in modo cieco e matematico i parametri, le novità salvano i contribuenti

Può un’impresa che perde soldi essere automaticamente sospetta? Se il mercato crolla, ha senso ignorare il contesto? Una recente sentenza ha messo in discussione i metodi tradizionali dell’Agenzia delle Entrate. Non tutto si riduce a una questione di numeri. Le nuove regole cambiano il rapporto tra contribuenti e Fisco e aprono uno spiraglio a chi, nonostante le difficoltà, resta in piedi. Il principio di proporzionalità torna protagonista nel diritto tributario.

Ci sono periodi in cui anche le imprese più solide finiscono col barcollare. Chi lavora da anni nel commercio, nella ristorazione o nell’artigianato sa bene che basta poco per ritrovarsi in perdita: un calo del mercato, una crisi settoriale, o eventi fuori dal controllo come pandemia o inflazione. Quando però l’Agenzia delle Entrate avvia un accertamento induttivo basato su queste perdite, il rischio è che le difficoltà diventino sospette.

persona che fa stop con le mani
Stop agli accertamenti dell’Agenzia delle Entrate: non può applicare in modo cieco e matematico i parametri, le novità salvano i contribuenti-trading.it

La questione è semplice quanto delicata: può un’attività in perdita essere accusata di evasione solo perché non produce utili? Per anni, la risposta è sembrata affermativa. Il Fisco ha spesso applicato parametri rigidi, sostenendo che nessuno continuerebbe a lavorare se davvero stesse perdendo denaro. Eppure, questo tipo di logica ignora un dato fondamentale: la realtà non è sempre razionale, e soprattutto, non è sempre in equilibrio.

Da qui nasce l’importanza della sentenza n. 259/10/2025 della Corte di Giustizia Tributaria dell’Emilia Romagna. I giudici hanno stabilito un principio chiave: l’Agenzia delle Entrate non può applicare in modo cieco e matematico i parametri fiscali. Deve tenere conto del contesto economico generale, soprattutto quando questo è caratterizzato da eventi imprevisti e imprevedibili.

La crisi economica può legittimare le perdite: cosa cambia per i contribuenti

Il caso da cui è partita la sentenza riguardava un commerciante di oro e preziosi. Nonostante una contabilità regolare, l’attività era in perdita da diversi anni. L’Agenzia aveva interpretato questo come segnale di evasione, avviando un accertamento induttivo. Ma la Corte ha ribaltato l’impostazione: in un contesto economico difficile, le perdite possono essere coerenti con l’andamento del mercato, e non necessariamente segno di irregolarità.

martello giudice e faldone documenti
La crisi economica può legittimare le perdite: cosa cambia per i contribuenti-trading.it

La decisione segna un punto di svolta perché obbliga l’amministrazione a motivare meglio i propri interventi. Non basta più osservare i bilanci e trarre conclusioni automatiche. Serve un’analisi concreta della situazione in cui opera il contribuente. Se l’antieconomicità diventa una semplice formula da applicare, si rischia di colpire anche chi lavora in buona fede ma è vittima delle circostanze.

Questo non significa che le imprese siano libere da controlli. Il contribuente resta tenuto a dimostrare che le sue perdite sono reali, giustificate e documentate. Ma la novità è che anche il Fisco ha un dovere: considerare la realtà economica, e non basarsi solo su presunzioni standard.

In pratica, la sentenza introduce equilibrio. Il principio delle presunzioni gravi, precise e concordanti non viene cancellato, ma va calato nella realtà. Se il contesto economico è eccezionale, allora anche l’interpretazione dei dati contabili deve adattarsi.

Questo orientamento non solo tutela i contribuenti in difficoltà, ma promuove una gestione più responsabile degli accertamenti. Il messaggio è chiaro: stop agli automatismi, serve buon senso.

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