Tassa sulla prima casa: va ripristinata? La proposta che sconvolge i cittadini

E’ arrivato il momento di ripristinare la tassa sulla prima casa? I pareri sono discordanti ma la situazione economica attuale comporta inevitabilmente delle scelte.

Ciclicamente si torna a dibattere di tassa sulla prima casa. Gli italiani ovviamente a sentir parlare di ciò si irrigidiscono perché per molti di loro investire nel mattone per avere un immobile di proprietà rappresenta i sacrifici di una vita e vedersi calare dall’alto un nuovo balzello su di essa non è quanto di meglio possono volere.

tassa sulla prima casa
Tassa sulla prima casa (Adobe Stock)

Tuttavia la tassazione sugli immobili è da sempre al centro delle strategie politiche ed economiche di chi governa il Paese, con idee e convinzioni molto diverse a seconda delle parti in campo.

Gli economisti vedono le tasse sulla casa, prima compresa, come una fonte importante per finanziare gli enti locali ed anche la delega fiscale sostiene che la parte statale dell’IMU vada ai Comuni. Al contrario chi fa politica, indifferentemente dallo schieramento cui appartiene, è tutt’altro che disposto a favorire un ritorno alle tasse sulla prima casa, come ai tempi dell’ICI che ricordiamo garantiva un gettito di oltre 3 miliardi. Quale politico porterebbe avanti una battaglia tanto ostica su un argomento che gli italiani mai potrebbero condividere e vedere così sfumare milioni di possibili voti?

Tassa sulla prima casa: cosa succede?

Certo è che il difficile momento storico in cui stiamo vivendo non lascia molte possibilità aperte per migliorare debito pubblico, crescita del PIL, tassi di interesse e quant’altro: per alcuni reintrodurre la tassa sulla prima casa significherebbe far fronte ad un periodo difficile e superarlo, per lasciarsi così alle spalle l’emergenza di questi anni. Tuttavia non sembrerebbe ai più una scelta responsabile, anzi i contrari la vedono come qualcosa di improponibile o meglio pura fantascienza.

Il nostro sistema fiscale avrebbe bisogno di una riforma ed in particolare si dovrebbe ampliare la base imponibile, come ci viene anche chiesto dal Fondo Monetario Internazionale. Estenderla permetterebbe di spalmare la spesa pubblica su patrimoni, consumi e redditi, consentendo di applicare aliquote più basse per tutti. Ma tornando alle tassazioni degli immobili non possiamo non trattare l’argomento catasto, anch’esso al centro da tempo dei rumors per una tanto attesa riforma.

La sua revisione andrebbe attuata non per aumentare la pressione fiscale ma per apportare un aggiornamento “a parità di gettito” che andrebbe a far pagare alcuni di più ed altri di meno. Il catasto italiano è anche vittima di un diffuso abusivismo edilizio che, specialmente in alcune regioni, è a livelli indicibili. I comuni potrebbero incrementare gli introiti sulla casa se riuscissero ad incassare l’IMU sui tanti immobili inesistenti sulla carta, fino ad ottenere un gettito ulteriore di circa 700 milioni di euro.

E sono proprio le amministrazioni pubbliche a beneficiare dei tributi patrimoniali sugli immobili, che servono poi per sostenere le spese statali. Basti pensare che per quanto riguarda l’IMU i comuni nel 2019 hanno incassato 13,4 miliardi di euro ai quali si sommano circa 3,6 miliardi di IMU provenienti dagli immobili ad uso produttivo che vanno allo Stato. Inoltre hanno ricevuto i proventi dell’imposta ipotecaria, 1,6 miliardi, e quelli dell’imposta di registro pari a circa 4,8 miliardi. Viene dunque ovvio pensare che a queste cifre lo Stato non può proprio rinunciare, visto anche in quali condizioni si trovano attualmente l’economia e la finanza pubblica.

Delega fiscale e IMU

Come già accennato la delega fiscale sostiene di perseguire la strada che porta la parte dell’IMU attualmente statale ai comuni ma c’è di più: essa ipotizza un passaggio simile anche per le imposte sulle transazioni immobiliari. L’idea non dispiace agli economisti perché il rapporto tra il prelievo fiscale e i comuni diventerebbe più forte. Il gettito attuale verrebbe recuperato con un piccolo aumento di tutta l’IMU mentre l’imposta di registro si trasformerebbe in una tassa più modesta.

Le imposte sulle transazioni sono un ostacolo alla mobilità dei beni e sarebbe importante avviare fin da subito questo passaggio, che per essere completato necessita di un periodo di tempo di alcuni anni. Un cambiamento del genere potrebbe rappresentare un’iniziativa favorevole nei confronti dei giovani, la generazione che più di altre è interessata alla compravendita degli immobili.

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