I titoli di Stato turchi offrono rendimenti elevati ma espongono l’investitore a un significativo rischio cambio e a variabili macro ancora in assestamento. Le strette della Banca centrale turca (CBRT) e il calo graduale dell’inflazione hanno riacceso l’interesse, ma le analisi di Reuters, Il Sole 24 Ore e delle agenzie S&P, Moody’s e Fitch segnalano che il profilo resta “speculative grade”. Valutare correttamente cedole, valuta e duration è decisivo.
Negli ultimi mesi la CBRT ha mantenuto una politica restrittiva, con tassi ufficiali oltre il 40% per frenare l’inflazione. Secondo Trading Economics e Capital Economics, i rendimenti in lira turca (TRY) restano molto alti, mentre i rating sovrani (ad es. S&P BB-) incorporano rischi politici e di bilancia dei pagamenti. Il rinnovato interesse è legato anche al rafforzamento delle riserve FX e alla prospettiva di un’eventuale normalizzazione nel 2026, ma le fonti ricordano che la volatilità della TRY può erodere i guadagni.
Per chi investe in euro, il nodo è la performance del cambio: cedole elevate in TRY non garantiscono un rendimento reale se la valuta si deprezza. Le analisi di Il Sole 24 Ore evidenziano la necessità di stimare il rendimento al netto del cambio e dei costi di copertura. Gli Eurobond turchi in USD o EUR riducono il rischio valutario locale, ma riflettono lo spread sovrano e le condizioni globali dei tassi. In tutti i casi, contano duration, liquidità e regime fiscale del Paese dell’investitore.
I titoli in lira turca offrono cedole molto alte rispetto ai pari scadenza dei mercati sviluppati. Fonti come Reuters e Trading Economics segnalano rendimenti su scadenze medio-lunghe ampiamente superiori al 20% nominale, coerenti con un’inflazione ancora elevata e tassi CBRT sopra il 40%. Il punto critico per un investitore in EUR è il rischio cambio: un deprezzamento della TRY può annullare il vantaggio cedolare. La letteratura degli strategist citati da Il Sole 24 Ore suggerisce tre passaggi: stimare una fascia plausibile di volatilità TRY/EUR; calcolare il rendimento netto includendo l’ipotesi di svalutazione; confrontare il risultato con alternative a duration simile.
La copertura valutaria tramite forward o NDF è possibile, ma il suo costo – guidato dal differenziale di tasso – può ridurre drasticamente il rendimento atteso. In assenza di copertura, il profilo resta “high yield valutario”, sensibile a shock su inflazione, partite correnti e rischio politico menzionati da Moody’s e Fitch.
Gli Eurobond emessi dalla Turchia in USD o EUR eliminano il rischio diretto sulla TRY e scaricano il premio di rischio sullo spread sovrano. Dati di mercato citati da Investing.com e CBonds indicano rendimenti mediamente più bassi dei titoli in valuta locale, ma con liquidità superiore e coperture (su USD/EUR) più efficienti. Qui i driver sono: traiettoria dell’inflazione turca, disciplina fiscale, stabilità istituzionale e condizioni del credito globale. Le agenzie S&P, Moody’s e Fitch richiamano l’attenzione su possibili miglioramenti se la CBRT manterrà l’impostazione ortodossa e se la crescita resterà compatibile con la disinflazione; viceversa, deviazioni di policy o tensioni geopolitiche possono riaprire il premio al rischio.
Per un investitore in euro, la scelta tra TRY e Eurobond ruota attorno a tre assi: tolleranza al rischio cambio, orizzonte e duration, costo/beneficio della copertura. Le fonti (tra cui Reuters, Il Sole 24 Ore e Capital Economics) convergono su un punto: il differenziale di rendimento riflette rischi concreti – valutari, inflattivi e politici – che vanno misurati con scenari di cambio, stress test su spread e verifica della liquidità lungo tutta la curva.
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