Trattenute sul TFR: l’Agenzia delle Entrate costretta a restituire i soldi della buonuscita a un pensionato

Una storia di diritti e numeri che nasce tra le mura della Corte tributaria di Perugia. Un pensionato, la sua buonuscita e una trattenuta Irpef che non convince. È il racconto di un calcolo contestato che diventa principio, di una vicenda silenziosa che si trasforma in precedente. E di un verdetto che, con poche pagine, potrebbe influenzare molte altre storie simili, portando un raggio di equità nella nebbia della burocrazia fiscale.

Tutto comincia con una somma attesa, frutto di anni di lavoro, che dovrebbe segnare la fine di un capitolo. Ma nel passaggio dal calcolo alla liquidazione, qualcosa si spezza. La buonuscita, quella cifra che nella mente rappresenta un saluto sereno alla vita professionale, subisce un taglio inatteso. Niente avvisi, solo una sottrazione automatica. Nei moduli e nelle tabelle compare un’imposta che non dovrebbe esserci.

banconote e monete
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Il pensionato non è un esperto di fisco, ma sa riconoscere quando qualcosa non torna. In maggio, con un gesto misurato ma deciso, presenta una richiesta di rimborso all’Agenzia delle Entrate. Passano i giorni, poi i mesi. Nessuna risposta. È il cosiddetto silenzio-rifiuto, freddo e senza spiegazioni. Eppure quella cifra resta lì, come un’ombra sul saldo di fine carriera. A quel punto, la questione lascia gli uffici e arriva nelle mani di un avvocato. Il primo passo inciampa su una formalità: la diffida non ha la procura alle liti. Ma il difetto viene presto sanato, e il ricorso trova strada. In aula, la voce del contribuente si affianca a una norma precisa: i contributi previdenziali a carico del lavoratore non sono reddito e non vanno tassati. Non è solo un’opinione, è la posizione della Cassazione, fissata nella sentenza n. 27341/2024. Da quel momento, la vicenda non è più un singolo caso, ma un tassello di un mosaico più grande.

Il giorno della sentenza: quando la buonuscita ritrova il suo valore

Nella sala della Corte tributaria di Perugia, il verdetto arriva con il linguaggio asciutto delle decisioni giudiziarie. La sentenza n. 340/2025 riconosce che l’Irpef applicata sulla buonuscita del pensionato era illegittima. I giudici accolgono la tesi difensiva: la quota di contributi previdenziali versata dal lavoratore non può essere inclusa nell’imponibile.

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Il giorno della sentenza: quando la buonuscita ritrova il suo valore-trading.it

La decisione non si limita a correggere un errore di calcolo. Ordina all’Agenzia delle Entrate di restituire l’importo trattenuto, aggiungendo interessi e rivalutazione monetaria. Dispone anche la compensazione delle spese, segnalando che la questione aveva caratteri di novità. Nelle motivazioni, la Corte cita il recente orientamento della Cassazione come base solida per la propria scelta. È un passaggio che ha il sapore di una riaffermazione di principi: separare ciò che è reddito da ciò che è contributo non è solo un tecnicismo, è un modo per garantire rispetto alla natura delle somme percepite. In quel momento, la buonuscita torna a essere ciò che deve: il simbolo di un traguardo, non il terreno di un prelievo ingiustificato. E quel pensionato, che all’inizio chiedeva solo di essere ascoltato, diventa il protagonista di un verdetto che potrebbe fare scuola.

Oltre Perugia: il precedente che parla a molti

La storia non si ferma alle mura della Corte. Ogni decisione di questo tipo, se condivisa e ripresa, può trasformarsi in uno strumento per altri. Il principio stabilito a Perugia è chiaro: i contributi previdenziali a carico del lavoratore non possono essere toccati dall’Irpef sulla buonuscita. È un messaggio diretto a chi si appresta a lasciare il lavoro, ma anche a chi, già in pensione, ha accettato trattenute senza porsi domande. Gli esperti di diritto tributario sottolineano che casi simili non sono rari, e che questa sentenza può aprire la porta a richieste di rimborso in tutta Italia. Ma oltre all’aspetto tecnico, resta la parte umana: il riconoscimento che, dietro ogni numero, c’è una storia di vita. Per il pensionato di Perugia, la vittoria è anche la prova che la legge, quando viene interpretata con attenzione, può ridare dignità.

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