Una data, un contributo, una speranza. Chi pensava che il riscatto degli anni di laurea fosse la chiave per una pensione più ricca, potrebbe ritrovarsi con l’amaro in bocca. Dietro la parola Quota A si nasconde un sistema rigido che non fa sconti, nemmeno a chi ha investito tempo e soldi per costruirsi un futuro previdenziale più sicuro.
C’è chi ha cominciato a lavorare dopo il 1995 e ha deciso comunque di riscattare la laurea. C’è chi ha versato contributi volontari sperando di rientrare nel calcolo retributivo. E poi ci sono loro, gli iscritti alla CPDEL, dipendenti pubblici convinti che bastasse un riscatto per accedere a una pensione più vantaggiosa.

Ma le cose non sono andate così. E quella parte della pensione calcolata con il sistema retributivo, chiamata appunto Quota A, per molti è rimasta solo una promessa mancata.
Il riscatto della laurea non salva la Quota A
Il cuore della questione è semplice ma non banale. Il sistema pensionistico italiano distingue tra chi ha versato almeno un contributo effettivo prima del 1° gennaio 1996 e chi ha iniziato dopo. Per i primi, una parte della pensione (la Quota A) può essere calcolata con il più vantaggioso metodo retributivo. Per tutti gli altri, tutto ricade nel sistema contributivo.

Il riscatto della laurea, pur utile per aumentare gli anni di contributi complessivi, non è considerato un “contributo effettivo” ai fini del diritto al sistema retributivo. Questo vuol dire che anche se si riscattano anni di studio risalenti a prima del 1996, se non esiste almeno un contributo obbligatorio versato effettivamente in quel periodo, la Quota A non si attiva.
Un esempio reale riguarda un insegnante di scuola secondaria entrato in ruolo nel 1998. Dopo aver conseguito la laurea nel 1993, ha deciso di riscattare gli anni universitari. Era convinto che così facendo avrebbe avuto diritto almeno in parte al sistema retributivo. Tuttavia, non avendo mai lavorato con un contratto regolare prima del 1996, l’INPS non ha potuto includere i suoi anni riscattati nel calcolo della Quota A. La pensione, dunque, sarà interamente calcolata con il metodo contributivo, con un impatto rilevante sull’importo finale.
CPDEL e regole identiche al settore privato
Un errore comune è pensare che per i dipendenti pubblici esistano deroghe. In realtà, gli iscritti alla CPDEL seguono le stesse regole dei lavoratori privati. Anche per loro, la Quota A si attiva solo con un contributo effettivo prima del 1996. Il riscatto degli anni universitari, seppure riconosciuto, ha valore solo ai fini del calcolo contributivo.
Questo meccanismo crea frustrazione. Si investono migliaia di euro nel riscatto della laurea, convinti che basti per ottenere un trattamento migliore. In realtà, il beneficio si limita all’aumento del montante contributivo. Non è poco, ma non è ciò che molti si aspettano.
Le stesse regole valgono anche per chi ha versato contributi volontari successivamente. Se mancano contributi obbligatori prima del 1996, la Quota A non può essere riconosciuta. A confermarlo sono l’INPS e l’Agenzia delle Entrate, che sottolineano come il riscatto non crei anzianità utile all’accesso al sistema retributivo.
Alla fine, la sensazione è di essere stati ingannati da un sistema che non premia nemmeno chi cerca di mettersi in regola. E allora vale la pena chiedersi: ha senso continuare a credere che il riscatto della laurea sia sempre un affare?