Qual è il ruolo delle agenzie di rating e che giudizio hanno dell’Italia?

Il ruolo delle società che in base ai dati ricevuti su un soggetto economico, danno un’opinione sulla sua capacità di ripagare i debiti contratti.

rating

Il rating è una valutazione espressa sotto forma di simboli, solitamente lettere, tramite il quale il soggetto economico sia essa un’azienda, una banca o uno stato, è inserito in una classifica di affidabilità. Il rating è un’opinione autorevole in quanto data da esperti che hanno una conoscenza approfondita della materia, essa tuttavia nella percezione degli investitori e delle istituzioni è divenuta pari grado a una certificazione.

Le tre agenzie di rating più importanti sono Moody’s, Fitch e S&P Global ratings conosciuta anche come Standard & Poor’s.

Sono le più importanti perché nel tempo hanno saputo imporsi nel mercato delle aziende private che svolgono tale mansione. La struttura storica dei mercati ha creato quelle corrispondenze a cui viene ormai associata una simmetria tra una certa variazione nella percezione del valore del della natura del debito e l’opinione espressa dall’agenzia di rating, accreditando in questo modo un’autorità che è così figlia anche delle consuetudini.

Moody’s Investors Service

La storia dell’agenzia di John Moody and Company risale agli inizi del 1900 quando la società si occupava di pubblicazioni statistiche, relative all’andamento della borsa americana e alle obbligazioni emesse da vari settori economici dell’epoca. Le pubblicazioni divennero parecchio popolari anche a causa delle crisi del mercato azionario avvenute nel primo decennio del secolo scorso. La compagnia cominciò di conseguenza a specializzarsi e fornire consulenze e giudizi tecnici sul valore degli asset quotati, fino a stabilire una credibilità sufficiente per fornire valutazioni per le obbligazioni emesse dagli stati americani. Dall’inizio del 1970 l’agenzia cominciò a diventare quella che è conosciuta oggi, primeggiando nel mercato del rating.

Fitch

L’agenzia con sedi operative a New York e Londra, nacque a seguito della fondazione da parte di John Knowles Fitch della Fitch Publishing Company. Nel 1913 la compagnia forniva consulenze per mezzo di alcuni manuali per mezzo dei quali venivano espresse opinioni e valutazioni sul mercato azionario, introducendo per la prima volta la classica tassonomia sotto forma di lettere che vanno da AAA fino alla D. Essa venne in seguito adottata con alcune piccole varianti in tutto il settore del rating obbligazionario.

S&P Global ratings

L’agenzia S&P per come la conosciamo oggi nacque nel 1941, ma la sua origine risale al 1860 quando il suo fondatore Henry Varnum Poor pubblicò una storia delle ferrovie e dei canali negli Stati Uniti, il cui scopo era fornire una serie aggiornata di informazioni sullo stato finanziario e delle compagnie del settore ferroviario. L’edizione venne ripubblicata periodicamente, fino ad accrescere la sua popolarità e autorevolezza divenendo l’antesignana di quelle che saranno poi le pubblicazioni sulle analisi degli asset americani, sviluppate nel secolo successivo. Henry Varnum è anche quello che potremmo definire il padre dell’indice Standard & poor’s 500. Se prima del 1957 quotava solamente 90 aziende, oggi è l’indice di riferimento del mercato azionario degli Stati Uniti con un paniere comprensivo delle 500 aziende americane più importanti per capitalizzazione e valutazione finanziaria.

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Qual è l’influenza delle agenzia di rating sui mercati?

In alcuni casi il merito creditizio che viene misurato dai tecnici, non fa altro che confermare quello che i mercati hanno già da tempo scontato sui prezzi, altre volte l’assegnazione imprevista di un aumento o abbassamento della valutazione, può sorprendere gli investitori e influenzare pesantemente il mercato. Questo avviene soprattutto quanto la possibilità di fallimento di un’impresa o di uno stato è vicina alla sua soglia critica.

Normalmente la valutazione di un’agenzia di rating è frutto di una commissione creata dallo stesso ente che deve venire valutato. La legge impone infatti che le obbligazioni emesse dell’ente non possono essere vendute senza che esse siano state classificate in base a un rating. È l’emittente quindi che si accorda con l’azienda privata e in base al rapporto contrattuale stabilito, essa lavora per fornirgli la valutazione che serve al cliente e che dovrà, previa accettazione, essere comunicata al mercato. Diverse volte sono stati rilevati conflitti di interesse evidenti in questo meccanismo anche nella cronaca recente. Nel 2017, per esempio, Moody’s patteggiò una multa di 864 milioni di dollari per aver gonfiato le valutazioni sulla Lehman Brothers detentrice di parte di quei crediti inesigibili responsabili della crisi finanziaria del 2008.

Quali sono i livelli di valutazione dalle agenzie di rating?

Ogni agenzia esprime la sua valutazione con delle differenze più o meno marcate, a seconda del gradiente di giudizio entro il quale la valutazione viene espressa. Per esempio la valutazione massima che viene espressa da S&P con una AAA per Moody’s è invece espressa con Aaa, oppure per valori inferiori, dove S&P assegna una AA+ Moody’s assegna Aa1 e così via. Per semplicità espositiva quindi saranno indicate le lettere senza ulteriori variazioni.

Possiamo considerare nove gradi qualitativi ai quali può essere associata la valutazione dell’agenzia di rating.

  • Prime (AAA): assenza di rischio, l’investimento è affidabile;
  • High medium grade (AA): rischio molto basso;
  • Upper medium grade (A): la situazione economica è sotto controllo ma può influire sulla finanza pubblica;
  • Lower medium grade (BBB): la situazione è a rischio ma le finanze sono ancora stabili;
  • Speculative (BB): il debito emesso dal paese non è più considerato un investimento in quanto è incline a instabilità e cambiamenti nel breve termine;
  • Highly Speculative (B): la situazione economica è fortemente instabile e si consiglia grande prudenza;
  • Substantial Risk (CCC): l’economia del paese e la finanza pubblica sono fortemente vulnerabili, è possibile che esse non garantiscano il pagamento dei debiti sui titoli di stato;
  • Extremely Speculative (CC) (C): il paese è vicino al default, è altamente probabile che non riesca più a pagare gli interessi sui titoli di stato, né a rimborsare il capitale.
  • Default (RD) (D):  l’inadempienza finanziaria del paese è conclamata, esso non è più grado di ripagare i suoi debiti.

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Come è cambiato negli anni il rating dei titoli di stato italiani?

Nel corso del tempo il rating italiano considerato anche rispetto le valutazioni date negli anni da S&P Global ratings e Fitch è stato declassato fino a raggiungere il limite di categoria speculativa, per tornare solo il 23 ottobre scorso alla tripla B, appena due livelli sopra la categoria dei titoli spazzatura. Per avere un’idea progressiva della sua variazione nel corso del tempo, ecco un riferimento storico valido a livello globale.La valutazione dei titoli di stato italiani da parte delle tre agenzie di rating, negli ultimi dieci anni è stata così ripartita:

S&P GLOBAL RATINGS 

  • 15 gennaio 2003: AA
  • 7 luglio 2004: AA-
  • 19 ottobre 2006: A+
  • 19 settembre 2011: A
  • 13 gennaio 2012: BBB+
  • 9 luglio 2013: BBB
  • 5 dicembre 2014: BBB-
  • 24 dicembre 2020: BBB

MOODY’S

  •  17 giugno 2011: Aa2
  •  4 ottobre 2011: A2
  • 13 febbraio 2012: A3
  •  13 luglio 2012: Baa2
  •  20 ottobre 2018: Baa3

FITCH

  • 29 gigno 2005: AA
  • 19 ottobre 2006: AA-
  • 7 ottobre 2011: A+
  • 27 gennaio 2012: A-
  • 8 marzo 2013: BBB+
  • 21 aprile 2017: BBB
  • 29 Aprile  2020: BBB-

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Per capire meglio il contesto, i titoli che la BCE acquista mensilmente nell’ambito del suo piano di Quantitative easing, devono avere un giudizio minimo sopra la soglia della tripla B. Questo incide non solo sull’ammontare degli interessi pagati in base alla giudizio sulla rischiosità dei titoli, ma anche all’importo che per mezzo di tali titoli offerti in garanzia può essere chiesto in prestito dalle banche italiane.

A ogni modo, al di là di ogni accusa di cospirazionismo, il ruolo delle agenzie di rating ha rivelato nell’ultimo decennio la sua ingombranza e la sua inadeguatezza. Furono criticate nel 2012 anche dall’allora presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi che così si era espresso allora:

“Bisognerebbe imparare a vivere senza le agenzie di rating o quanto meno imparare a fare meno affidamento sui loro giudizi”.

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