Buoni fruttiferi postali, dopo 30 anni c’è la denuncia: ecco perché

I buoni fruttiferi postali della serie Q emessi tra il 1° luglio 1986 ed il 31 ottobre 1995 hanno dato ai risparmiatori interessi più bassi di quelli calcolati.

Di recente il Tribunale di Roma ha dichiarato inammissibile la class action della Federconsumatori su buoni fruttiferi postali emessi tra il 1986 e il 1995.

Buoni fruttiferi postali

I risparmiatori dopo più di trent’anni si sono rivolti all’Associazione a Difesa dei Consumatori per colpa delle ritenute fiscali dal 21° al 30° anno. Il titolo doveva essere liquidato al lordo delle ritenute fiscali. Per Poste Italiane, invece, doveva essere applicata una ritenuta del 12,50% e il titolo liquidato al netto delle ritenute.

Buoni fruttiferi postali, la sentenza e la difesa di Poste Italiane

In questo caso i risparmiatori hanno prestato fede alla tabella dei rendimenti scritta dietro il buono. Per questo l’Associazione ha indetto una class action con la prima udienza tenutasi 8 novembre. Nonostante siano tantissimi i risparmiatori che hanno ricevuto importi più bassi di quelli aspettati, essi dovranno attendere affinché il giudice possa stabilire se Cassa Depositi e Prestiti e il Ministero dell’Economia devono o no partecipare alla causa.

Questo farà una grande differenza sui tempi della sentenza e sulla complessità delle responsabilità giuridiche. D’altro canto, Poste Italiane vuole avere a suo favore la possibilità di condividere oneri e responsabilità con gli emittenti dei Buoni. Un altro motivo di opposizione di Poste Italiane riguarda la retroattività dell’approvazione della class action come strumento di difesa. Per Poste Italiane i fatti sono avvenuti prima del 2009, quando questo strumento legale non rientrava nel diritto italiano. Per Federconsumatori invece questi riguardano la riscossione e sono quindi imputabili al periodo recente.

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Il tribunale di Bergamo a favore dei consumatori

Alcuni Tribunali, tra cui quello di Bergamo, si erano espressi a favore delle motivazioni dei risparmiatori. La capitalizzazione degli interessi maturati deve avvenire quindi a lordo della ritenuta fiscale. Il momento impositivo, infatti, dovrebbe essere quello in cui il reddito viene percepito dal risparmiatore all’atto del rimborso e non prima. Per tale motivo tra i sottoscrittori dei buoni fruttiferi postali si è creato un forte malumore che resta tuttora nelle mani delle autorità in materia finanziaria e legale.

I buoni fruttiferi postali furono introdotti nel nostro paese nel 1925 come cedole nominative che non potevano essere trasferite. Esse dovevano essere acquistate e custodite fino alla loro scadenza quando poteva essere riscosso il loro valore maturato attraverso gli interessi composti. Negli anni Settanta e Ottanta i tassi erano ancora molto convenienti. L’ammontare finale della serie N tra il 1976 ed il 1981 dava al trentesimo anno di investimento un interesse del 11%.

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