Contratto a tempo determinato: limiti di durata e di rinnovo, la guida rapida

Il contratto a tempo determinato è regolato da un quadro di norme che intendono proteggere il lavoratore contro casi di abuso del datore di lavoro.

Il contratto a tempo determinato segue specifiche regole a garanzia dei diritti del lavoratore. In particolare, qual è la sua durata massima e quante volte si possono rinnovare i contratti di questo tipo?

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Oggigiorno il mondo del lavoro è caratterizzato da situazioni di precarietà diffusa, perciò per molti il contratto a tempo determinato è una vera e propria consuetudine. Ma in concreto, quante volte si possono rinnovare i contratti a tempo determinato e quanto possono durare al massimo?

Si tratta di domande che un lavoratore, più o meno giovane o esperto, può legittimamente farsi, anche in considerazione di una disciplina sul contratto a tempo determinato che è stata varie volte modificata ed integrata.

Finalità del legislatore è, sempre e comunque, impedire che – dietro queste forme contrattuali – si celi il tentativo dell’azienda di aggirare la normativa in materia di licenziamenti, con un evidente pregiudizio per il lavoratore.

Insomma, il dipendente ha diritto ha una serie di tutele, anche quando si tratti di stabilizzazione del rapporto di lavoro, diritto all’assunzione a tempo indeterminato e stop ai rinnovi dei contratti a tempo determinato, oltre un certo limite.

Di seguito faremo il punto su quelli che sono i limiti all’utilizzo del contratto a tempo determinato, sia dal lato della durata in sé sia sul piano del numero dei rinnovi di contratti di questo tipo. I dettagli.

Contratto a tempo determinato: cos’è in breve

Si tratta di un contratto di lavoro che comporta un termine finale e una durata prestabilita. Esso può essere concluso tra un datore di lavoro e un lavoratore per lo svolgimento di ogni tipo di mansione, per una durata massima di 12 mesi.

Attenzione però, può avere una durata fino a 24 mesi in ipotesi di:

– esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, vale a dire esigenze sostitutive di altri lavoratori;

– esigenze legate ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.

Il contratto a tempo determinato deve essere compilato in forma scritta, tranne i rapporti di durata non al di sopra dei 12 giorni. Altrimenti, il contratto in oggetto dovrà ritenersi a tempo indeterminato.

Inoltre, una copia del contratto va consegnata dal datore al lavoratore entro 5 giorni lavorativi dall’inizio della prestazione professionale.

Durata del contratto a tempo determinato

Tutti coloro che stanno valutando l’opportunità di firmare un contratto a tempo determinato, debbono ricordare che – in linea generale – un contratto di lavoro di questo tipo non può superare i 24 mesi. Lo abbiamo accennato sopra, ed a ciò aggiungiamo che se il limite dei 24 mesi è superato – per effetto di un unico contratto o di una successione di contratti – il rapporto subisce la trasformazione a tempo indeterminato dalla data di tale superamento. Si tratta chiaramente di una garanzia che gioca a favore del dipendente e dei suoi diritti di lavoratore.

D’altro lato, se la durata del contratto di lavoro non oltrepassa i 12 mesi esso può essere sottoscritto senza specificare le ragioni – ovvero le ‘causali’ – che portano alla stipula.

Riassumendo:

  • in caso di contratto di lavoro a tempo determinato con durata fino a 12 mesi, le parti non debbono indicare le causali;
  • in caso di contratto di lavoro a tempo determinato con durata al di sopra dei 12 mesi ed entro i 24 mesi, l’indicazione delle causali è obbligatoria.

Tra le possibili causali abbiamo ad es. le sopra citate esigenze di sostituzioni di altri lavoratori e quelle connesse ad incrementi temporanei dell’attività ordinaria.

Obbligo di causale e limiti del contratto a tempo determinato

Abbiamo appena accennato alla valenza della causale nel contratto a tempo determinato e, sul tema, dobbiamo ora ricordare che – al fine di stabilire se ricorre l’obbligo di indicare la causale nel testo del contratto – le parti debbono tener conto della durata totale dei rapporti a termine intercorsi tra lo stesso datore e lavoratore. Da considerare dunque la durata di quelli già conclusi e di quello che si vorrebbe eventualmente fare oggetto di proroga.

Inoltre, gli interessati debbono ricordare sempre che, in ipotesi di stipulazione di un contratto di durata al di sopra dei 12 mesi – ed in mancanza delle causali – scatta la trasformazione in tempo indeterminato dalla data di superamento del termine di 12 mesi.

Ribadiamo poi che la durata di tutti i rapporti a tempo determinato intercorsi tra lo stesso datore e lo stesso lavoratore, per effetto di una successione di contratti, non può oltrepassare i 24 mesi.

Proroga contratto di lavoro a tempo determinato: come funziona?

A questo punto vediamo brevemente qual è il rapporto tra numero di proroghe e contratto di lavoro a tempo indeterminato. Ebbene, il termine del contratto a tempo determinato può essere fatto oggetto di proroga, con il sì del dipendente:

  • soltanto laddove la sua durata iniziale sia al di sotto dei 24 mesi;
  • e per un massimo di 4 volte nell’arco di 24 mesi, al di là del numero dei contratti.

Attenzione però: se il numero delle proroghe è maggiore, il contratto si trasforma automaticamente a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della quinta proroga.

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