Cosa rischio se rifiuto la visita medica a lavoro

Se sul posto di lavoro il dipendente rifiuta la visita medica rischia il licenziamento? E’ possibile non accettare di sottoporsi ad un controllo aziendale sanitario senza correre rischi?

Le aziende hanno l’obbligo di legge di garantire ai propri dipendenti la visita medica per tutelare la sicurezza e la salute proprio sul posto di lavoro.

visita medica
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Si tratta di un diritto acquisito dal lavoratore che in alcuni casi diventa un obbligo: accade quando si svolge un’attività pericolosa per la quale i rischi sono elevati. Ma da parte sua il dipendente può rifiutarsi di sottoporsi a questa visita medica? E ancora: il datore di lavoro può procedere con il licenziamento se il lavoratore per un cambio di mansioni non intende effettuare il controllo medico? Lo scopriamo in questo articolo.

Visita medica aziendale: cos’è e quando va fatta

Ci sono due tipologie di visita medica aziendale, quella preassuntiva o preventiva e quella periodica. La prima serve per stabilire se il lavoratore è idoneo a svolgere il lavoro per cui verrà assunto, ovvero se le sue condizioni psico-fisiche sono compatibili con la posizione che dovrà ricoprire. Questa visita va fatta dunque prima dell’assunzione o al massimo nei giorni appena successivi. La visita medica periodica in genere ha una cadenza annuale, per accertare le condizioni del dipendente ma alcune aziende possono eseguirla anche più spesso.

Ci sono poi alcuni casi in cui la visita sanitaria viene richiesta come ad esempio quando è in corso un cambio di mansione, quando finisce l’attività lavorativa, su richiesta stessa del lavoratore o prima di ricominciare a lavorare se sono trascorsi più di 60 giorni di assenza continuata. La visita medica aziendale è sempre retribuita e si svolge durante il periodo lavorativo, nell’ambito dell’orario di lavoro.

In cosa consiste la visita medica aziendale

La visita medica aziendale viene effettuata da un medico competente e serve per constatare le reali condizioni del lavoratore. In genere si svolge all’interno dell’azienda oppure presso uno studio di medicina convenzionato. Il medico incaricato sottopone il dipendente ad una serie di esami e di accertamenti che possono riguardare, oltre al battito cardiaco e alla pressione, anche l’analisi di altri parametri.

In molti casi vengono fatti esame audiometrico, elettrocardiogramma spirometria, esami di sangue e urine, test visivo, valutazione della spalla e del rachide. Talvolta vengono anche effettuati test tossicologici su droghe e alcool, in base al tipo di lavoro che svolge il dipendente.

Una volta conclusa la visita medica il dottore stabilisce il tipo di idoneità del lavoratore che può essere:

  • totale cioè attesta la capacità del soggetto a svolgere le mansioni assegnate;
  • parziale, temporanea o permanente, quando sono previste delle limitazioni e delle prescrizioni;
  • inidoneità temporanea;
  • inidoneità permanente.

Il referto viene rilasciato sia al datore di lavoro che al dipendente perché quest’ultimo potrebbe utilizzarlo per un ricorso all’Asl che va presentato entro 30 giorni, qualora non accettasse il parere del medico del lavoro.

Quando è obbligatoria la visita medica aziendale

Quando si è in presenza di effettivi rischi per la salute la visita medica aziendale è obbligatoria. Sono diversi i casi in cui si svolgono mansioni pericolose come quando si lavora a contatto con agenti cancerogeni o biologici, livelli di rumore elevati, vibrazioni, raggi X, sostanze radioattive, agenti chimici, amianto, apparecchiature con videoterminali o si è sottoposti a rischi dovuti allo spostamento di carichi pesanti.

Conseguenze per il lavoratore che rifiuta la visita medica

Per svolgere determinate mansioni all’interno dell’azienda occorre avere una particolare idoneità fisica che non si può accertare se il dipendente rifiuta di sottoporsi al controllo medico. Quando il lavoratore viene assegnato ad una nuova mansione la visita medica è obbligatoria, per cui se la rifiuta il datore di lavoro può procedere con il licenziamento.

E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione che non ritiene giustificabile un comportamento di tale genere, anche per il fatto che il lavoratore ha comunque sempre la possibilità di fare ricorso nel momento in cui il medico accerta la sua non idoneità all’impiego.

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