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Conto corrente: un’operazione potrebbe farci avere guai con il Fisco

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Se si parla di conto corrente è chiaro che si ragione su un prodotto, quasi una necessità sia per privati che per imprenditori.

Conto corrente (Adobe)

L’evoluzione del concetto di conto corrente, ed il suo rapporto con gli enti che regolano e controllano movimentazioni anomali e quant’altro è molto variato nell’arco degli ultimi decenni. Oggi, muoversi con disinvoltura, per cosi dire, attraverso operazioni anche spregiudicate attraverso il nostro conto corrente è praticamente impossibile. Oggi gli occhi del Fisco sono proiettati sul sistema bancario ed ancor di più sui conti correnti veri e propri di privati cittadini ed imprenditori. Il passo falso, insomma, non è tollerato.

Oggi, lo Stato esige dal contribuente la totale limpidità dei propri movimenti bancarie. Entrate ed uscite giustificate, denaro che lascia traccia insomma. Scie che possono rendere chiare determinate operazioni e scongiurarne delle altre, il tutto per evitare che si caschi inconsapevolmente o meno nella rete dell’evasione fiscale. A quel punto per il contribuente medio italiano, ma non solo, ci sarebbe davvero poco da fare. Molti i casi in cui la leggerezza del correntista, del cittadino, è costata davvero cara.

Conto corrente: il contribuente ha il dovere di giustificare entrate ed uscite di denaro allo Stato

In pratica, un contribuente che sia privato o imprenditore è tenuto a giustificare eventuali entrate o uscite di denaro sul proprio conto corrente. A stabilire la cosa secondo termini di legge è una sentenza della Corte di Cassazione in merito al caso di un imprenditore che aveva incassato un assegno circolare di 52mila euro. La richiesta di chiarimenti da parte dell’Agenzia delle entrate, circa la natura di quei soldi è stata accolta dalla stessa Corte di Cassazione. L’imprenditore aveva giustificato l’assegno come il versamento dovuto per la vendita di quote societarie.

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L’ordinanza n. 24.238 dell’8 settembre 2021 della Corte di Cassazione ha infatti stabilito che “è onere del contribuente imprenditore dimostrare che i proventi desumibili dalle movimentazioni bancarie non debbano essere recuperati a tassazione, o per averne egli già tenuto conto nelle dichiarazioni o perché fiscalmente non rilevanti, siccome non riferibili ad operazioni imponibili“. L’imprenditore avrebbe quindi dovuto denunciare la somma ricevute e pagare le dovute tasse ad essa riferite, cosa che a questo punto dovrà fare in ogni caso.

Paolo Marsico

Giornalista pubblicista dal 2012 con numerose collaborazioni alle spalle tra carta stampata e web. Appassionato di scrittura e tra le altre cose di cinema, calcio e teatro. Autore racconti brevi, poesie e testi per il teatro.

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