Chi assiste un disabile può andare in pensione con i contributi speciali, ma non tutti lo sanno

Il nostro ordinamento garantisce a persone con handicap e ad alcuni familiari o similari, alcuni importanti diritti all’interno del rapporto lavorativo che hanno positivi effetti anche dal punto di vista previdenziale e contributivo.

Forse pochi sanno che danno diritto all‘accredito dei contributi figurativi, utili ai fini pensionistici. Stiamo parlando sia dell congedo straordinario biennale che dei permessi giornalieri per chi assiste un disabile.

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Parliamo in modo particolare dei permessi, goduti ai sensi dell’articolo 33 ex legge 104/1992, e del cosiddetto congedo straordinario biennale che consente di assistere persone con handicap (articolo 42, comma 5 del Decreto Legislativo 42/2001).

Queste assenze dal lavoro non faranno perdere retribuzione e non determineranno impoverimento della prestazione pensionistica. Infatti lo Stato Italiano riconosce gratuitamente la copertura pensionistica in tali periodi. Si può quindi lasciare il lavoro consci che si avrà diritto alla canonica busta paga ed ai contributi figurativi ai fini pensionistici.

Quando e chi può usufruire dei permessi mensili retribuiti

L’articolo 33, comma 3 ex legge 104/1992, permette al lavoratore dipendente, privato o pubblico, di assistere persone con handicap in situazione di gravità quando risulti essere il coniuge, parente o similare entro il 2° grado. Oppure entro il 3° grado nel caso in cui i genitori o il coniuge della persona portatrice handicap grave abbiano compiuto i 65 anni di età o siano pure essi colpiti da patologie invalidanti, siano deceduti oppure mancanti. Tutti questi soggetti, nelle condizioni di cui sopra, possono usufruire ogni mese di 3 giorni di permessi retribuiti a patto che la persona con handicap non sia a tempo pieno ricoverata. Di questi permessi ne può godere anche un maggiorenne portatore di handicap.

Tali periodi di permesso sono coperti, a partire dal 28 marzo 2000 (ex legge 53/2000), figurativamente ai fini pensionistici. A tale fine il valore retributivo da attribuire a tali permessi viene determinato con i criteri e le modalità generali previste per l’accredito figurativo.

La contribuzione figurativa, trattandosi di singole giorni di riposo, è valutata in quota integrativa e non entra nel calcolo del numero di contributi settimanali che spettano all’interessato ma solo sulla valutazione dell’assegno.

I casi in cui è possibile avere i permessi giornalieri ad ore

In alternativa la persona con handicap maggiorenne può optare per 2 ore di permesso giornaliero. Tale possibilità è negata alle persone normodotate che curano i diversamente abili, fatta eccezione per i genitori (anche adottivi) di un minore affetto da handicap grave, questo in alternativa al prolungare l’astensione facoltativa fino al compiere del 3° anno del bambino.

La retribuzione figurativa da conferire a tali permessi viene valutata avendo come riferimento il 200 per cento del valore massimo annuo dell’assegno sociale. Visto che esiste questo limite all’accredito figurativo tale valore può essere implementato con un riscatto o con il versamento di una contribuzione volontaria.

Come funziona il congedo straordinario

L’articolo 42, comma 5 del Decreto Legislativo 151/2001, riconosce alla generalità dei lavoratori dipendenti il diritto alla fruizione di un congedo straordinario sino ad un massimo di due anni, fruibile anche in forma frazionata, nell’arco della propria vita lavorativa per ciascun disabile.

Il congedo spetta a questi soggetti:

1) Al coniuge che convive con un soggetto con handicap grave.

2) Alla madre o al padre (anche adottivi) in caso di mancanza, in presenza di patologie invalidanti o decesso del coniuge che convive.

3) A uno dei figli che convivono (anche adottivi) in caso di decesso, in caso di patologie invalidanti della madre o del padre, o di mancanza.

4) A uno dei fratelli o sorelle che convivono per mancanza, in caso di patologie invalidanti o decesso dei figli conviventi. Per l’assistenza al figlio con handicap grave, i diritti sono riconosciuti ad entrambi i genitori (anche adottivi) che possono fruirne alternativamente.

Ecco i due i benefici previsti dalla norma

Una indennità di congedo, del valore uguale all’ultima retribuzione avuta (che comprende anche i ratei della tredicesima mensilità, le altre mensilità aggiuntive, le gratifiche, le indennità, i premi…), e la copertura figurativa sia ai fini del diritto sia per la misura della pensione da calcolarsi secondo le regole previste dall’articolo 40 ex legge 183/2010.

Per questi pagamenti è stato introdotto nel 2022 un tetto che è di 49.663,88 euro. Una cifra che dovrà essere ripartita fra indennità economica ed accredito figurativo. Quindi l’indennità economica non potrà eccedere, per il 2022, il valore di 37.341 euro, 102,30 euro al dì (è chiaro che se il lavoratore gode di una retribuzione lorda inferiore a questo valore l’assegno Inps non può superare l’importo dello stipendio).

La restante somma, vale a dire 12.322,53 euro (37.341 euro x 33 per cento, che è l’aliquota contributiva), è a disposizione dell’Inps per accreditare i contributi figurativi nei periodi corrispondenti a quelli della percezione dell’indennità economica.

Se operazione riguarda una gestione pensionistica dall’aliquota contributiva differente dal 33 per cento (per esempio il Fondo Poste), si determina il relativo coefficiente, e si quantifica l’ammontare massimo dell’indennità applicando il criterio illustrato.

Tale meccanismo introduce un massimale alla contribuzione figurativa che si può accreditare laddove la retribuzione per anno ecceda la massima indennità fruibile massimale che produrrebbe un danno sulla misura della pensione laddove il tetto non si applicasse.

Bisogna ricordare che in tali casi l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ritiene che si possa applicare anche al periodo di congedo l’art. 35, comma 2, Decreto Legislativo 151/2001, nella parte in cui preveda la facoltà di integrare la retribuzione figurativa con un riscatto o con il versamento di contributi volontari. Detto in soldoni: ove il tetto produca un danno alla pensione, il lavoratore può colmare la differenza di tasca propria.

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