Forex, commodity alimentari, auto: correlazioni e cambiamento dei prezzi

La Fed ha tagliato la sua stima del PIL per il 2022. La crescita sarà del 2,8% quest’anno. Ecco le correlazioni tra forex alimenti e auto.

La previsione si inserisce all’interno del nuovo scenario internazionale delineatosi nelle ultime tre settimane. Il piano della Fed è quello di ripristinare la stabilità dei prezzi sostenendo al contempo il mercato del lavoro. Secondo la banca centrale USA l’inflazione può rimanere sopra il 4% per l’intero anno.

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Il conflitto in Ucraina ha innescato aumenti senza precedenti dei prezzi di numerose materie prime. Già alla fine del 2020 molte commodity stavano recuperando terreno sulla scia dell’incremento della domanda da parte dalle filiere produttive. Oggi dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, molte commodity hanno proseguito il loro trend rialzista. Tra queste: petrolio, gas, carbone, nichel, alluminio, grano e palladio.

Forex: le correlazioni e il cambiamento dei prezzi

Se i prezzi delle materie prime rimanessero a questi livelli, emergerebbe un differenza importante sulla forza di alcune valute nel Forex. Le coppie in grado di rivelare i maggiori incrementi comprendono i paesi esportatori netti di questi beni, dall’altra i paesi importatori. L’Australia e il Canada, in quanto paesi esportatori, possono sfruttare la situazione a proprio vantaggio. Viceversa, le valute dei paesi importatori risulteranno più deboli, tra queste l’Euro e la Sterlina.

Questo significa che tendenzialmente sulla base delle variazioni dei prezzi delle commodity energetiche avvantaggerà dollaro australiano e canadese. Sul lungo periodo entrambe le valute sono tra loro comparabili in termini di potere d’acquisto rispetto al dollaro Usa. Resta da capire quanto il potenziale di queste valute sia già stato scontato nei prezzi attuali. Gli investitori dovranno stare attenti alle improvvise modifiche di posizionamento basate su notizie riguardanti l’attenuazione del conflitto ucraino, per evitare improvvisi crolli sul breve termine del loro valore.

Le cause dell’aumento del costo delle materie prime

Le cause dell’attuale aumento del costo delle materie prime sono diverse. L’enorme liquidità immessa sul mercato, sono state ben al di sopra delle normali soglie stabilite per sostenere programmi governativi, guerre o crisi finanziarie come negli anni ‘70, 2000 hanno reso imprevedibili la crescita economica e l’effetto complessivo della domanda. I modelli ciclici su cui si alternano la maggior parte dei prezzi delle materie prime, non sono stati efficaci nell’adattarsi agli stimoli monetari avvenuti contemporaneamente a livello internazionale.

Le scorte saranno corrette per adattarsi al rallentamento della domanda causato dal calo del reddito sul lungo termine. Questo significa una riduzione della produzione e degli acquisti di materie prime che influirà a ribasso sul ciclo economico. Osserviamo questo fenomeno già sui beni di prima necessità come gli alimentari.

Commodity alimentari: le correlazioni e l’aumento dei prezzi

La spirale innescata dalla instabilità geopolitica sta infatti influendo con i suoi effetti anche sul prezzo della carne. Gli aumenti del costo all’ingrosso in Italia sfiorano il 20% e sono sicuramente riconducibili ai costi di produzione. I prezzi della carne sono rimasti pressoché stabili negli ultimi 20 anni nonostante la naturale inflazione.

Il mais è il principale ingrediente dell’alimentazione animale per cui il suo aumento comporta direttamente l’aumento del costo prodotto finale. Il legame piuttosto lineare rende chiaro anche come un aumento significativo e repentino nel costo della carne non faccia altro che deprimere i consumi di questo alimento. A lievitare per lo stesso motivo saranno anche i costi di altri generi alimentari come il latte. Oltre a questo, si aggiunge il problema temporaneo di una carenza di fertilizzanti di cui la Russia è responsabile per oltre il 20% della produzione globale.

Il forte aumento dei prezzi dei prodotti alimentari in sinergia a quello dei fertilizzanti artificiali si aggiunge al prezzo dei carburanti per le macchine agricole. Al momento, c’è una carenza di diesel per i macchinari, ma anche di lavoratori che devono effettivamente gestire le prossime semine. Di conseguenza, un calo del volume del raccolto del 30-40% per la stagione di commercializzazione 2022/23 non è irrealistico. Allo stesso tempo, per temi legati alla stagionalità, non sarà facile compensare questo deficit di raccolto con forniture da altre regioni. I paesi africani in particolare cercheranno di coprire la domanda ulteriore proveniente da Australia, India, Argentina o Stati Uniti. In questo contesto, la scelta di alcuni paesi di fermare le esportazioni sta facendo salire i prezzi.

La correlazione del prezzo del gas e del costo dei fertilizzanti

L’aumento dei prezzi del gas, a sua volta, sta rendendo i fertilizzanti minerali molto più costosi e ciò spingerà molti agricoltori a cercare di limitarne l’utilizzo in questa stagione o di passare a materiali organici come il concime liquido. Il prevedibile spostamento dei flussi commerciali nelle materie prime agricole probabilmente offrirà alcune opportunità alle società attive in questo settore, in particolare a quelli attivi a livello internazionale. Nel settore dei fertilizzanti, i produttori statunitensi beneficeranno di una fornitura di gas relativamente migliore.

A livello europeo oggi il 40% dell’intero comparto agroalimentare è composto dall’allevamento che vale circa 170 miliardi di Euro e impiega direttamente più di 4 milioni di persone. Per far fronte agli aumenti non basta svincolarsi dalla Russia e aumentare le importazioni, ad esempio, dagli Stati Uniti o dall’Argentina. Questo porterebbe a un aumento della dipendenza da paesi terzi indebolendo la sicurezza dell’Europa, come oggi è avvenuto per l’energia. La soluzione è investire sull’auto approvvigionamento alimentare, garantendo livello qualitativo e riducendone il più possibile l’impatto ambientale.

I prezzi elevati dell’energia possono avere un impatto indiretto sull’economia. Se i consumatori sono costretti a spendere di più per l’energia, hanno minor margine di spesa per l’acquisto di altri beni. Tra i settori più colpiti dal potenziale calo della domanda ci sono naturalmente beni e servizi non essenziali, come per esempio quelli del settore turistico o anche l’acquisto di una nuova auto.

Settore auto: le correlazioni e il cambiamento dei prezzi

Secondo quanto emerge da un’analisi di S&P Global Mobility a causa dell’attuale contesto economico la produzione di veicoli leggeri si ridurrà nel 2022 di 2,6 milioni di unità su un totale di 81,6. Le cause sono dovute in primo luogo ai problemi logistici e alla carenza nella catena di approvvigionamento di componenti critici legati alle materie prime. In particolare, molte case automobilistiche si riforniscono di cablaggi dall’Ucraina, che sono usati nei veicoli per l’energia elettrica e la comunicazione tra le parti.

Ad essere particolarmente colpita sarà la produzione di auto in Europa che si ridurrà di 1,7 milioni. Meglio andrà nel Nord America, dove S&P prevede un calo della produzione di 480.000 unità per il 2022 e di 549.000 unità per il 2023. Circa il 45% dei cablaggi costruiti in Ucraina è normalmente esportato in Germania e Polonia, ciò mette particolarmente sotto pressione le case automobilistiche tedesche. Il problema si aggiunge alla carenza di semiconduttori influendo sulle grandi case come Volkswagen e BMW.

L’amministratore delegato di Volkswagen, Herbert Diess, all’inizio di questa settimana ha detto che la guerra ha messo in discussione le prospettive dell’azienda per il 2022. La società è stata costretta a delocalizzare parte della sua produzione fuori dall’Europa verso il Nord America e la Cina, in risposta alle interruzioni della catena di approvvigionamento legate alla guerra. BMW d’altro canto ha ridotto le previsioni del margine di profitto della divisione auto per il 2022 che passa dal 10 al 9%.

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