Gli italiani rischiano la povertà: con inflazione e stagflazione si perde oltre il 6% di soldi e proprietà

Quanto avviene in questi mesi è il frutto di una contingenza straordinaria di fattori che mettono al centro l’economia europea e italiana, la stagflazione si avvicina colpendo direttamente famiglie e imprese.

Se avete 20 mila euro sul conto corrente perderete, in termini di potere d’acquisto, oltre 1200 euro l’anno o in altri termini 100 euro al mese.

Gli italiani rischiano la povertà: stagflazione

Questo è il risultato che coinvolge tanto più denaro si ha lasciato disinvestito; vale quindi anche per i contanti. Maggiore è la liquidità immobilizzata maggiore sarà la perdita in termini assoluti. Con l’inflazione che si accompagna alla recessione economica non facile individuare i beni materiali su cui destinare una parte del capitale mettendolo in salvo dalla svalutazione.

Solitamente, infatti, l’inflazione è causata da un eccesso di domanda e quindi un contesto di forte e improvvisa crescita economica. L’inflazione attuale ha invece origini esogene e riguarda in particolare la scarsità di materie prime e il rallentamento delle catene di approvvigionamento.

Gli italiani rischiano la povertà: con la stagflazione l’oro non sembra un buon investimento

La crescita negativa acuita dalla guerra commerciale rende incerti gli investimenti sui beni rifugio a cui si ricorreva normalmente in questi casi. L’Oro ad esempio è passato nell’ultimo mese da 53 a 56 euro al grammo. Un bene rifugio per eccellenza che però acquistato adesso può rivelare brutte sorprese dato un prezzo all’oncia già straordinariamente elevato. Il pericolo è una sua svalutazione tempestiva a fronte di un alleggerimento delle tensioni commerciali e interazionali. Se non c’è garanzia che l’oro mantenga la sua quotazione l’effetto del tasso di cambio si fa sicuramente sentire sugli investimenti.

L’euro è sceso ai minimi sul dollaro dal 2007. Non solo quindi si perde potere d’acquisto in Italia e in Europa ma anche rispetto agli acquisti di beni venduti in dollari o in valute correlate. La causa principale in questo caso sono le diverse politiche delle Banche centrali, con l’urgenza di aumentare i tassi di interesse per fermare l’inflazione rischiando però ancor di più di rallentare la crescita economica.

Il ruolo di azionario e materie prime

Sui mercati pesano sempre più incognite, decisivo sarà l’effetto del possibile embargo petrolifero sulla stabilità dell’eurozona. Le Azioni sono normalmente correlate in modo positivo alla crescita dell’inflazione, rappresentando quote di beni reali costituiti dalle aziende. Tuttavia queste si rivelano anch’esse poco affidabili; Eurostoxx 50, ad esempio, ha perso il 13% negli ultimi 6 mesi, il NASDAQ il 20% e S&P500 circa il 10%.

A tenere banco in questo contesto ci sono le materie prime, in molti casi arrivate a record storici di prezzo. In particolare le commodity agricole, come la soia, di cui la Russia è uno dei maggiori produttori. Inoltre, le sanzioni alla Russia stanno cominciando a farsi sentire in diversi altri Paesi, tra cui grandi produttori di soia come Argentina, Brasile e Paraguay. Qui una carenza di carburante sta avendo un impatto sulla raccolta e sul trasporto tra i campi e i porti.

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