Il futuro di Draghi è a un bivio: i suoi giorni potrebbero essere contati

Se la campagna di vaccinazione avrà il suo effetto positivo, come sembra risultare da numeri sui contagi, con l’allentamento delle misure restrittive l’economia italiana ritornerà a crescere entro la fine dell’estate.

Italia vista dallo spazio

Mario Draghi, visto anche il particolare tempismo con il quale gli è stato assegnato l’incarico di governo, sta riuscendo ad arginare la crisi epidemiologica e riportare il Paese sulla giusta strada.

Draghi è il nome designato al fine di riottenere una piena fiducia dei mercati, evitando al contempo un immagine dell’Italia fatta di maggioranze fragili e ambiguità politiche.

Gli investitori sono preoccupati per il futuro del Paese, seriamente compromesso dalle perdite economiche e dall’incapacità della sua amministrazione di arginare in tempo utile quei difetti strutturali che la privano del suo potenziale, mantenendola agli ultimi gradini in Europa sul piano dell’affidabilità economico finanziaria.

Quale sarà il futuro politico dell’Italia e della legislatura?

Tra otto mesi scadrà il mandato del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha già affermato con chiarezza che non intende ricandidarsi. Il corso naturale della legislatura dovrebbe durare fino a marzo del 2023, tuttavia un ritorno al populismo sembra difficilmente credibile in quanto questa volta l’Unione Europea, uno dei primi argomenti di rottura in campagna elettorale, è riuscita a rinnovare la sua immagine mostrando con efficacia la sua capacità di operare una politica economica a beneficio di tutti, senza scadere nella retorica dell’austerità.

L’alternativa a questo governo dovrebbe fare i conti con un mercato naturalmente incapace di prendersi carico degli effetti della democrazia italiana, sostituendo una figura di garanzia come Draghi, con la stima rispettivamente dei leader europei e delle istituzioni finanziarie, con un eventuale governo sovranista, che potrebbe fare leva sulla retorica anti-immigrazione, ma che non potrebbe oggi più che mai esprimere una chiara direzione né chiedere nuovi sacrifici agli italiani, al fine di intraprendere riforme in materia di politiche economiche e fiscali, gli unici fattori in grado di cambiare oggettivamente le sorti e la credibilità del Paese.

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Cosa succederà quando tornerà in vigore il patto di stabilità?

Il patto di stabilità tornerà in vigore proprio nel 2023, sebbene il parlamento europeo stia lavorando ad alcune sue modifiche, il suo principio sarà sempre quello di limitare i livelli di indebitamento e le politiche espansive. Durante il suo governo, Draghi è riuscito a rilanciare l’immagine di un Italia coesa e centrale per l’Europa, anche dal punto di vista della possibilità di negoziare i tempi e le modalità di gestione del suo corso economico. Vedremo se durerà, anche quando i tempi saranno maturi per dire di avere superato l’emergenza e rimettere al centro le questioni della crescita economica e del rispetto dei parametri europei in materie fiscale.

Quando tutte le nazioni europee, secondo le stime economiche, ritorneranno entro il 2022 ai livelli precedenti la crisi, anche l’Italia dovrebbe riuscire a recuperare appieno il suo potenziale. Questo significa comunque partire da una disoccupazione pari almeno ai livelli del 2019, attestandosi al 10%, e un rapporto tra debito pubblico e PIL vicino al 135%, mentre oggi il dato preoccupante è che esso si trova vicino al 158%.

Per quanto riguarda il lavoro al momento il mercato è tenuto in vita artificiale dalle clausole di salvaguardia, che impediscono almeno fino ad agosto i licenziamenti. La situazione potrebbe comunque peggiorare se dopo la fine della proroga le aziende decideranno comunque di licenziare una parte del personale, preferendo questa soluzione alle agevolazioni sulla cassa integrazione, un’opzione che permette di contenere i costi senza aumentare la disoccupazione.

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Perché l’Unione Europa farà di tutto per non perdere l’Italia

Le preoccupazioni per l’Italia coinvolgono la tenuta dell’Europa intera, l’enorme debito è un rischio per la stabilità finanziaria della zona euro, per questo motivo sul medio lungo termine non esistono alternative politiche, a meno di modifiche costituzionali, con l’accentramento dei poteri in un sistema presidenziale, in grado di creare i presupposti per rilanciare coerentemente l’economia Italiana.

Secondo le stime del fondo monetario internazionale e delle altre principali istituzioni come la banca d’Italia e l’Ocse, nel 2021 la crescita del Pil si attesterà tra il 4% e il 4,5%, mentre nel 2022 secondo Bruxelles e il fondo monetario internazionale, dovrebbe continuare a crescere fino al 3,6%.

Già quest’anno Draghi dovrà decidere su questioni divisive come l’immigrazione, le nomine dei vertici delle società pubbliche, la prosecuzione e la distribuzione degli aiuti come le politiche a sostegno dello stato sociale, la modalità e il livello della pressione fiscale, che dovrà riuscire a conciliare tenendo conto delle posizioni e delle opposizioni della destra e della sinistra italiana.

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