Cosa succede quando lo stipendio tarda ad arrivare? Esiste una data precisa da rispettare o si naviga nel vago? Molti credono che la legge fissi un giorno valido per tutti, ma la verità è meno ovvia di quanto si immagini.
E quando il salario si fa attendere troppo, le conseguenze non sono solo economiche. Si muovono diritti, si aprono possibilità poco conosciute. Una regola c’è, anche se non è scritta dove ci si aspetterebbe.

A tutti è capitato, almeno una volta, di controllare il conto sperando in un accredito che non arriva. Quel momento, per quanto breve, pesa. Perché lo stipendio non è solo una somma di denaro, ma rappresenta stabilità, rispetto, sicurezza. In molti danno per scontato che ci sia un giorno fisso per riceverlo, ma la realtà è ben diversa.
Non c’è una norma che stabilisca un termine unico per tutti. Non esiste un articolo che imponga, ad esempio, che il pagamento debba avvenire il 10 di ogni mese. Esiste invece l’articolo 2099 del Codice Civile, che si limita a parlare di usi locali e prassi contrattuali. E allora da dove arriva la scadenza?
Chi decide la data dello stipendio? È tutto nel contratto collettivo
La vera risposta alla domanda su quando deve essere pagato lo stipendio mensile è nel CCNL, cioè il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro. Ogni settore ne ha uno, e ognuno di questi stabilisce tempi e modalità specifiche. Non si tratta di dettagli: sapere qual è il proprio CCNL è fondamentale. Perché lì si trova la risposta, nero su bianco.

Alcuni contratti fissano la scadenza al giorno 10 del mese successivo, altri al 5, altri ancora danno tempo fino al 15. Cambia anche la cadenza: mensile, quindicinale, settimanale. Non esiste una regola uguale per tutti, ma esiste una regola chiara per ciascun caso. E il datore di lavoro è tenuto a rispettarla.
Se lo stipendio arriva in ritardo: diritti, interessi e dimissioni per giusta causa
Quando il pagamento arriva tardi, non è solo un fastidio, ma un inadempimento. La legge prevede che in caso di ritardo scattino automaticamente gli interessi, calcolati giorno per giorno. Alcuni contratti prevedono tassi superiori a quello legale.
Se il ritardo si ripete o si prolunga, può compromettere il rapporto fiduciario. In questi casi, il lavoratore può dimettersi per giusta causa, senza preavviso, conservando il diritto all’indennità di disoccupazione. Non serve aspettare mesi: bastano ritardi gravi o continui per legittimare la scelta.
Dal 2018, inoltre, lo stipendio deve essere pagato solo con strumenti tracciabili: bonifici, carte con IBAN, assegni. I pagamenti in contanti sono vietati, tranne che per i lavori domestici. Tutto questo serve a garantire trasparenza e legalità.
La puntualità nel pagamento non è un favore. È un dovere che regge il patto alla base del lavoro. E quando quel patto si rompe, la legge offre strumenti concreti per reagire.