Certe storie non si dimenticano. Soprattutto quando coinvolgono milioni di euro andati in fumo, titoli spariti dal mercato e investitori lasciati senza un soldo. Eppure, alcuni nomi sono svaniti nel tempo, come se non fossero mai esistiti.
Questo articolo non è solo un viaggio nei crolli più clamorosi, ma anche un monito silenzioso per chi guarda alla Borsa come a un porto sicuro. Le sorprese, nel bene e nel male, sono sempre dietro l’angolo.

Ci sono momenti in cui l’entusiasmo per un titolo si trasforma in euforia collettiva. Si parla, si compra, si sogna. Poi, improvvisamente, tutto si ferma. La Borsa è fatta anche di questo: alti e bassi che sanno essere brutali. E quando il ribasso arriva, può far male. Anche molto.
Chi ha vissuto certi crolli in prima persona difficilmente li dimentica. Perché non si tratta solo di soldi, ma di fiducia tradita, aspettative svanite, illusioni che diventano amare verità. Investire può essere stimolante, ma mai privo di rischi. E dimenticare i grandi fallimenti può portare a commettere gli stessi errori, ancora e ancora.
Pensiamo a quanti titoli erano sulla cresta dell’onda e oggi non esistono più. Basta un giro veloce nella memoria recente per trovare storie che sembrano uscite da un film, ma sono accadute davvero. E hanno lasciato il segno.
Dai giganti caduti alle sparizioni silenziose
Tra le storie più sconvolgenti c’è quella di Enron, colosso americano dell’energia. Per anni ha truccato i bilanci, fino al crollo definitivo nel 2001. Le sue azioni, una volta valutate 90 dollari, finirono a pochi centesimi. Poi ci fu Parmalat, una delle pagine più buie della finanza italiana: 14 miliardi di euro svaniti, bilanci falsati e migliaia di piccoli investitori rovinati. E come dimenticare Lehman Brothers? Il fallimento del 2008 ha innescato una crisi globale, dimostrando che anche i colossi possono crollare.

Non si tratta solo di casi isolati. Secondo uno studio di Intermonte e Politecnico di Milano, tra il 2002 e il 2021 si sono verificati 336 delisting a Piazza Affari, 268 solo dal listino principale. Il 29% per fallimenti o crisi, il 30% per acquisizioni, il 14% per fusioni, il 26% per strategie di uscita. Una fotografia chiara: anche le società quotate non sono eterne.
Tecnologia e illusioni: quando l’innovazione non basta
Dagli anni 2000, le aziende tecnologiche hanno catalizzato l’attenzione. Sembrava che ogni nuovo progetto fosse destinato al successo. In realtà, molte di queste realtà sono crollate. Alcune hanno perso oltre il 90% del loro valore iniziale, altre sono scomparse del tutto.
Anche in Italia abbiamo esempi noti: Tiscali, Fastweb ai tempi di e.Biscom, società partite forti e poi sgonfiate. All’estero, MySpace, Yahoo!, BlackBerry raccontano la stessa storia: non basta innovare, bisogna restare competitivi. E chi ha investito in questi nomi sa bene cosa significa vedere un titolo perdere tutto il suo fascino (e valore) in pochi anni.
Alla fine, ogni investimento è una scommessa sul futuro. E il passato ci ricorda che non esistono certezze, solo scelte da fare con consapevolezza. Tu sei davvero pronto ad affrontare l’altra faccia della Borsa?