Nuovi accordi per gas, petrolio e alimenti: ecco chi ci guadagna davvero

La Russia verso il rischio di insolvenza: gas, petrolio e prodotti alimentari sono le materie prime necessarie all’Europa, in cerca di nuovi accordi commerciali.

Con un nuovo taglio del rating e un accerchiamento finanziario da parte dell’occidente e della Nato, gli effetti sull’economia russa si possono ripercuotere oltre la fine del conflitto.

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La guerra in Ucraina rappresenta oggi un rischio per la stabilità economica e politica dell’Unione Europea. Se le sanzioni non sono in grado di fermare l’avanzata di Mosca, in quanto Stato autocratico, gli effetti delle sue decisioni vanno oltre la sua volontà. Prima delle sanzioni del 2014, i flussi commerciali tra la Russia e l’Unione europea erano pari rispettivamente al 22% e al 3% del PIL. Se l’Unione Europea si trova in vantaggio dal punto di vista delle entrate commerciali, è naturalmente impossibilitata a compensare nell’immediato le carenze su diverse materie prime.

Nuovi accordi commerciali per le materie prime; i paesi in grado di avvantaggiarsi

Gas, petrolio, prodotti alimentari: sono queste le materie prime su cui le conseguenze della guerra mostrano già i loro primi effetti. I prezzi arrivati a massimi storici possono peggiorare nei prossimi mesi l’equilibrio di paesi come l’Italia, particolarmente dipendente da importazioni russe e ucraine.

Se sono molti i Paesi che rischiano di pagare carissimo il conflitto ucraino, esiste una schiera di nazioni che potrebbe, ottenere vantaggi economici da nuovi accordi commerciali con l’Unione Europea. Per quanto riguarda il petrolio i paesi esportatori in grado di trarre vantaggio dalla situazione non mancano. In ordine di importanza in base alle asportazioni 2020 essi sono:

  • Nigeria che esporta circa 1.879.000 barili al giorno
  • Angola 1.219.656
  • Messico 1.198.511
  • Venezuela 487.000
  • Algeria 439.000

Per quanto riguarda l’Italia le importazioni di Gas, c’è da attendersi invece una crescita dell’influenza di paesi come Algeria e Libia da cui nel 2019 il nostro paese importava rispettivamente 19% e 8% del gas. Algeria e Libia insieme al Qatar e all’Azerbaigian, sono anche i Paesi da cui in precedenza l’Italia ha importato la maggior parte del petrolio escludendo quello russo.

Nuovi accordi commerciali per grano e cereali

A fronte della situazione economica del Paese, la Russia ha deciso di vietare le esportazioni di grano in Europa fino al 31 agosto. Il fermo dovrebbe includere grano, segale, orzo e mais. A questo si affianca la decisione di sospendere le esportazioni di fertilizzanti. La marina russa ha impedito alle spedizioni commerciali nel Mar Nero di entrare o uscire dai porti chiave, attraverso i quali viene esportato il 90% dei prodotti agricoli ucraini. Oltre a questo, i danni alle infrastrutture stradali, ferroviarie e marittime causati dal conflitto hanno notevolmente inibito il trasporto commerciale delle merci.

Tra i Paesi esportatori di prodotti agricoli in grado di trarre vantaggio dal contesto e compensare la domanda proveniente da Russia e Ucraina ci sono sicuramente Brasile e Argentina. Se l’Italia e l’UE sono in grado di trovare risorse per sopperire alle carenze energetiche e alimentari, non è lo stesso per altre realtà. Sul breve termine nazioni economicamente più fragili possono dar luogo a nuovi episodi di instabilità politica. Si pensi alle drammatiche rivolte del pane del 2011 che hanno coinvolto in Nord Africa, Tunisia, Algeria ed Egitto. Quest’ultimo paese è il maggior importatore mondiale di grano e dipende soprattutto da Russia e Ucraina.

Tra i vincitori di questa crisi si pone sicuramente il Canada, uno dei maggiori produttori globali di grano destinato all’esportazione. Possono uscire rafforzati dal conflitto anche Cina, India e Arabia Saudita.

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