Pensioni: l’orientamento Inps apre al diritto al cumulo dei periodi assicurativi per i dipendenti pubblici

Su delicati temi quali pensioni, diritto al cumulo e eventi invalidanti, l’Inps ha indicato la linea da seguire.

L’orientamento dell’istituto di previdenza è favorevole al riconoscimento del cumulo dei periodi assicurativi nei confronti dei dipendenti pubblici, anche laddove l’evento invalidante non abbia condotto all’inabilità totale al lavoro. Ma restano fuori dal cumulo le pensioni privilegiate.

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fonte foto: adobestock

In tema di diritto al cumulo, appare opportuno ricordare l’orientamento dell’Inps che apre proprio al cumulo dei periodi assicurativi per i dipendenti pubblici. Secondo l’istituto di previdenza, infatti, per coloro che lavorano in ambito pubblico il diritto alla liquidazione anche delle quote di pensione maturate in altre gestioni previdenziali di natura obbligatoria spetta anche nei casi invalidità specifica alle mansioni.

In altre parole, il diritto al cumulo scatta nel caso in cui il dipendente pubblico cessi dal servizio per infermità con almeno 15 anni di contributi effettivi, per aver perso i requisiti obbligatori per lo svolgimento della funzione per la quale era stato assunto. E ciò sempre a patto che l’interessato non possa essere adibito ad altre mansioni.

Vediamo allora un po’ da vicino l’orientamento Inps in tema di riconoscimento del cumulo dei periodi assicurativi ai dipendenti pubblici ed eventi invalidanti.

Pensioni e diritto al cumulo: l’orientamento INPS fa chiarezza

L’orientamento dell’istituto di previdenza è nella direzione del riconoscimento del cumulo dei periodi assicurativi ai dipendenti pubblici, anche se l’evento invalidante non ha prodotto l’inabilità totale al lavoro.

In particolare l’Inps – laddove il soggetto sia iscritto alla gestione ex Inpdap al momento dell’evento invalidante – ritiene che sussista il riconoscimento del diritto al cumulo nell’ipotesi di pensione di inabilità cui all’art. 2, comma 12 della legge n. 335 del 1995 sulla riforma del sistema pensionistico, ma anche nelle ipotesi di inabilità assoluta e permanente a qualsiasi proficuo lavoro ai sensi dell’art. 7, della legge n. 379 del 1955 o, per il personale statale, ai sensi dell’art. 42 del DPR n. 1092 del 1973.

In estrema sintesi, il dipendente pubblico dispensato dal servizio per inabilità permanente a proficuo lavoro:

  • a partire dal primo gennaio 2013 ha diritto a incassare anche la quota di pensione maturata nelle altre gestioni previdenziali di natura obbligatoria, presso le quali abbia contribuito nel suo percorso lavorativo;
  • e ciò contestualmente al versamento della pensione di invalidità.

Da ciò chiaramente consegue che la misura dell’assegno previdenziale è maggiore.

Condizioni per il diritto al cumulo ed esclusioni

Attenzione però ai requisiti che determinato il diritto al cumulo. Quest’ultimo sussiste se l’interessato:

  • ha ottenuto un’anzianità contributiva effettiva di 15 anni nella gestione ex-Inpdap nella quale risulta iscritto al momento dell’evento invalidante;
  • ha conseguito il riconoscimento medico legale redatto dalle competenti Commissioni ASL, dal quale emerge che il dipendente pubblico non è più idoneo a compiere in modo permanente attività lavorativa (il cd. giudizio sanitario di inidoneità)

Il diritto al cumulo tuttavia non sussiste nel caso di erogazione della pensione privilegiata. Quest’ultima ricorre quando il lavoratore abbia contratto una l’invalidità nell’ambito di un rapporto di lavoro dipendente: il nostro ordinamento previdenziale gli attribuisce un trattamento previdenziale detto privilegiato in quanto slegato sia dal possesso di una specifica età anagrafica sia dal possesso del requisito assicurativo e contributivo. Da sottolineare che la indicata prestazione è prevista soltanto nei confronti dei lavoratori dipendenti assicurati presso l’AGO con esclusione, conseguentemente, dei lavoratori autonomi e degli iscritti alla gestione separata dell’INPS.

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