Una piccola cifra che sparisce dall’assegno mensile, quasi senza preavviso. Per molti pensionati, è stata una sorpresa trovare sul cedolino una trattenuta di 50 euro, legata a somme che, secondo l’INPS, non spettavano. Non si parla di irregolarità volontarie, ma di conguagli, errori o dei noti bonus da 150 o 200 euro erogati nel 2022 e ritenuti non dovuti dopo controlli incrociati.
Un meccanismo che si muove in silenzio, ma che ha sollevato domande su diritti, limiti e sulla trasparenza dell’ente. L’INPS, infatti, non avvia un pignoramento giudiziario, ma applica una trattenuta diretta, agendo come esattore.

Per chi vive con pensioni medio-basse, anche 50 euro al mese possono fare la differenza, soprattutto quando arrivano senza possibilità di mediazione. È questo uno dei punti più discussi: il potere dell’ente di recuperare somme indebitamente percepite, a prescindere dalle intenzioni di chi le ha ricevute.
Il meccanismo delle trattenute INPS sui bonus e il quadro normativo
Il recupero dei bonus una tantum da 200 e 150 euro erogati nel 2022 è partito nel 2025, dopo controlli incrociati con i dati dell’Agenzia delle Entrate. In caso di indebiti, l’INPS procede con trattenute automatiche di massimo 50 euro mensili, fino al completo recupero dell’importo. La base giuridica è la legge 412/1991, che consente all’ente di correggere errori e recuperare somme entro l’anno successivo alla verifica.

A rafforzare questo potere interviene anche il DPR 1092/1973, che lascia ampio margine per conguagli tardivi. Rispetto a un pignoramento giudiziario, però, c’è una differenza sostanziale: in quel caso è obbligatorio garantire al debitore una quota minima per vivere dignitosamente, mentre nel recupero diretto l’INPS può trattenere quanto previsto senza le stesse cautele. È qui che nascono le polemiche. Alcuni giuristi segnalano come questo metodo, pur legittimo, rischi di apparire più “aggressivo” di un recupero disposto da un giudice. Il dibattito si accende su una questione di equità: fino a che punto un ente pubblico può spingersi nel correggere i propri errori senza compromettere il sostentamento di chi vive di pensione?
Casi reali, diritti e possibili azioni dei pensionati
Mario, pensionato con un assegno da 1.200 euro, aveva ricevuto il bonus da 200 euro. Tre anni dopo, a giugno 2025, si è visto decurtare 50 euro al mese per quattro mesi, senza possibilità di restituire in un’unica soluzione o negoziare i tempi. Non è un caso isolato: c’è chi ha percepito un aumento pensionistico poi ricalcolato come eccessivo e si ritrova nella stessa situazione. Le trattenute colpiscono anche somme già tassate: in questo caso, è possibile chiedere all’Agenzia delle Entrate il rimborso dell’Irpef o dedurre gli importi nella dichiarazione dei redditi, ma entro due anni dal pagamento dell’imposta. Chi riceve una comunicazione di indebito dovrebbe controllare attentamente il cedolino online: ogni trattenuta deve essere motivata. Patronati e legali possono aiutare a valutare la legittimità del recupero, perché la normativa prevede limiti temporali: se l’errore è imputabile all’INPS e non comunicato entro un anno, la richiesta può essere contestata. Non è un percorso semplice, ma esistono margini di difesa per chi subisce decurtazioni senza aver avuto alcuna colpa.