Non solo pressione fiscale record, ma quanto costa pagare le tasse? La burocrazia fiscale deve essere riformata

Nel 2022 la pressione fiscale in Italia ha raggiunto il record del 43,8%. È un livello di picco mai toccato in precedenza. Lo segnala l’Ufficio studi della Cgia.

La tassazione su famiglie e imprese è tornata a salire? Sembra di no anche se il picco è reale ed dato dalla convergenza di tre aspetti distinti.

Attenzione alle cartelle esattoriali, non sempre bisogna pagarle ma il Fisco le pretende
(Foto Adobe)

In termini relativi aumenta così la pressione fiscale; le cause dirette e indirette sono almeno tre: il forte aumento dell’inflazione, che ha fatto salire in valore assoluto le imposte come l’Iva. Con la ripresa dei consumi sono aumentate anche la produzione e le assunzioni; questo ha favorito la crescita delle imposte dirette per aziende e lavoratori.

Oltre a questo, nel 2022 rientrano nella normalità i pagamenti per le imposte sospese o prorogate nel 2020 e 2021. I versamenti tributari dovuti si riversano così quest’anno incidendo sul calcolo della pressione fiscale.

Crescono le entrate per il fisco e il cuneo fiscale tocca il picco massimo

Se le detrazioni riducevano l’Irpef da versare al fisco, la loro abolizione ha incrementato il gettito fiscale complessivo annuo di circa 8,2 miliardi di euro. Qualcosa di simile è avvenuto anche per le entrate erariali dovute a irpef, ires e Iva; crescono rispettivamente di 5,5, 8,9 e 17,8 miliardi di euro.

Dal 2014 la pressione fiscale in Italia viene letta in un duplice modo: quella al netto degli sgravi fiscali, che ha raggiunto quest’anno il 41,9% del Pil, e quella ufficiale che, come detto, tocca il picco massimo del 43,8%. La pressione fiscale è calcolata in base all’incidenza percentuale del rapporto tra il gettito erariale e il Pil. Se quest’ultimo diminuisce la pressione reale aumenta; in questo senso chi paga le tasse in circostanze recessive ha un prelievo medio più vicino al 50%.

Quali sono i Paesi con le tasse più alte in UE? Secondo gli ultimi dati a disposizione riferiti al 2021, nell’Ue l’Italia non è il paese in cui si paga più tasse. Sul podio infatti ci sono Danimarca, Francia e Belgio in cui la pressione fiscale è rispettivamente: 49, 47 e 45,4% del Pil. L’Italia arriva invece al quinto posto dopo l’Austria che registra una pressione del 43,6%. L’Irlanda infine è il paese che registra il livello più basso di tutti al 21,7%.

Come sarà la pressione e quante tasse si pagheranno nel 2023?

Considerando il Pil come variabile indipendente nel mese di ottobre l’azionario sia in Ue che negli Stati Uniti ha nel complesso ha avuto un tenore positivo. Il quadro macroeconomico rimane di difficile lettura in particolare per le incertezze negli USA. L’inflazione si conferma persistente anche a ottobre, senza però sorprendere le attese. La crescita del PIL americano torna in territorio positivo cessando di essere in recessione.

Rimane solido anche il mercato del lavoro, c’è quindi la possibilità che l’economia non smetta di crescere prima del primo trimestre 2023. Oltre ad avere un peso fiscale tra i più elevati d’Europa, l’Italia è anche il Paese in cui per pagare le tasse la maggior parte dei contribuenti hanno bisogno di un professionista.

La burocrazia fiscale ha una dimensione impressionante; secondo le ultime statistiche risalenti al 2020 della Banca Mondiale gli imprenditori italiani, al pari dei portoghesi, perdono 30 giorni all’anno per raccogliere tutte le informazioni necessarie a calcolare le imposte dovute, completare le dichiarazioni dei redditi e infine effettuare il pagamento. Per avere un termine di paragone la media dell’eurozona è di 18 giorni.

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