Due BTP con rendimenti quasi identici, ma uno nasconde un potenziale di guadagno a scadenza molto più alto. Basta osservare bene il prezzo e la durata per scoprire che non sempre la cedola dice tutto. Tra capitale da investire oggi, volatilità futura e guadagno reale, le differenze tra questi due titoli possono fare la differenza nel lungo periodo. Un confronto che va oltre i numeri per capire cosa conta davvero quando si sceglie dove mettere i risparmi per i prossimi vent’anni.
Nel mondo dei titoli di Stato, spesso si tende a guardare la cedola o il rendimento netto come unico parametro di valutazione. Ma quando due obbligazioni mostrano numeri molto simili, tutto diventa più sottile. È il caso del BTP con scadenza aprile 2045 e quello con scadenza marzo 2041.

A prima vista sembrano quasi gemelli: rendimenti netti rispettivamente del 3,74% e del 3,62%. Ma se si analizzano meglio elementi come la durata residua, il prezzo di acquisto e la sensibilità ai tassi, emergono sfumature decisive.
Il BTP 2045 si acquista a un prezzo decisamente più basso rispetto al valore nominale. Questo genera un importante guadagno in conto capitale a scadenza. Dall’altra parte, il BTP 2041 costa di più ma offre cedole leggermente più alte e minore volatilità. La scelta tra i due, quindi, non è solo una questione di numeri, ma di approccio e obiettivi.
Quando un BTP a prezzo basso promette molto ma chiede pazienza, nervi saldi e orizzonte lungo
Il BTP con scadenza nel 2045 ha una cedola annua dell’1,5% e viene scambiato a circa 66,68 euro. Un valore molto distante dal rimborso finale di 100 euro, che promette un forte capital gain. Ma questa apparente occasione nasconde anche dei rischi. La duration modificata è pari a 15,68, un dato che indica una forte esposizione ai movimenti dei tassi d’interesse. Questo vuol dire che il prezzo del titolo può variare sensibilmente nel tempo, con oscillazioni anche ampie.

Chi sceglie questo strumento, dunque, accetta un periodo potenzialmente lungo di alti e bassi, con rendimenti annui contenuti ma con l’obiettivo di ottenere un ritorno significativo a scadenza. È un titolo adatto a chi ha un orizzonte temporale molto lungo, tollera la volatilità e non ha bisogno di incassare cedole importanti durante il percorso. Il guadagno reale si manifesta solo alla fine, e serve la capacità di attendere senza farsi condizionare dai movimenti del mercato.
Quando il BTP più breve offre più stabilità e cedole più alte, ma con meno margine di guadagno finale
Il BTP con scadenza marzo 2041, invece, presenta una cedola dell’1,8% e un prezzo attorno ai 76,18 euro. La sua duration modificata è di 12,66, quindi inferiore rispetto al titolo con scadenza nel 2045. Questo significa una maggiore stabilità del prezzo nel tempo, e una minore reattività ai rialzi dei tassi. Un aspetto molto importante per chi cerca sicurezza e non vuole troppa incertezza lungo il percorso.
La cedola più alta consente una maggiore liquidità periodica, utile per chi vuole reinvestire o semplicemente disporre di un piccolo flusso costante. Inoltre, il rateo d’interesse da pagare al momento dell’acquisto è maggiore, ma si recupera con la prima cedola. In sintesi, questo BTP rappresenta una scelta più prudente: meno volatilità, cedole più generose e una scadenza più vicina. Ma il rendimento finale, seppur buono, sarà inferiore rispetto al fratello più “lungo”.
La domanda da porsi non è quale sia il migliore in assoluto, ma quale sia il più adatto in base al profilo dell’investitore. Rendimento o stabilità? Cedole o guadagno a scadenza? La risposta cambia da persona a persona, e soprattutto dipende da quanto si è disposti ad aspettare.