La Lega di Matteo Salvini ha presentato tramite Bagnai la proposta di legge per innalzare il tetto al contante da 2.000 a 10.000 euro.
L’iniziativa rientra negli accordi del centro destra; tuttavia l’aumento prospettato è molto meno concreto e più simbolico arrivando a un massimo di 3 mila euro.
È ciò che ha proposto o meglio deciso Giorgia Meloni; ciò non ha comunque evitato le critiche dell’opposizione. Nessuno nel parlamento vuole e può in realtà rinunciare a garantirsi gli introiti derivanti dal fisco. Cambiare il massimale oltre una certa soglia significa inevitabilmente aprire una breccia a favore dell’evasione fiscale che rimane anche nelle attuali condizioni nonostante tutto.
La digitalizzazione e la diffusione dei pagamenti tramite applicazioni, dopo le carte di credito e prepagate ha portato a una maggiore tracciabilità. L’iniziativa sembra oggi particolarmente anacronistica e invero non crea particolari differenze per il consumatore. Il cittadino dovrà fare i conti con un sistema fiscale che diventerà man mano sempre più inclusivo della sua capacità di spendere il proprio denaro. È un esempio lampante di questo l’euro digitale e la progressiva sparizione delle transazioni in contante.
Tetto al contante; una misura imposta, travagliata e discussa
Già nel 2015 Pier Carlo Padoan, giustificò l’innalzamento da 1.000 a 3.000 euro del tetto al contante, sostenendo che non vi fosse alcuna correlazione tra pagamenti cash ed evasione fiscale. Accadeva nel PD guidato da Matteo Renzi; tutto ciò a motivo di un solo argomento, dare l’impressione che il nuovo governo sia meno oppressivo dal punto di vista fiscale.
Secondo Unimpresa la misura è giustificata dalla lotta all’evasione fiscale nonostante i dati sembrano mostrare una correlazione. Il livello più alto infatti, con picchi superiori a 109 miliardi, si è registrato nel periodo che va dal 2012 al 2014, allora la soglia massima per i pagamenti in contanti era stata abbassata a 1.000 euro. Nel 2010 quando la soglia era pari a 5 mila euro si è registrato invece il livello più basso di evasione fiscale mai registrato nello scorso decennio, pari a 83 miliardi di euro.
Può essere una coincidenza? Unimpresa la vede così perché non è possibile individuare alcuna correlazione diretta tra l’andamento dell’evasione fiscale e l’evoluzione del cosiddetto “tetto al contante”. Non sembra esserci alcun nesso causale tra le modifiche alle norme e la curva del gettito tributario. Vi sono condizioni a contorno che la giustificano ad esempio l’incidenza della crisi del 2012? Sicuramente la minore fiducia nel futuro ha creato una maggiore propensione a dichiarazioni meno generose. La crescita economica può essere affiancata senza problemi a soglie più elevate; sarebbe sicuramente una decisione positiva per la libertà individuale.
A prescindere dalle compagini del parlamento il tetto al contante è stata una misura travagliata nel corso dell’ultimo decennio. Fu introdotta nel 2012 dal governo Monti con il decreto “Salva Italia” che limitò la soglia a mille euro. Anni prima Bersani propose una misura molto più radicale; pagamenti in contanti fino a 50 o 100 euro.
Da allora la soglia ha oscillato sempre all’interno del range tra i mille e i 3000 euro. Sembra quindi che la ratio dell’imposizione non cambi; il cittadino rimane costretto a pagare con carta o tramite conto corrente subendo un metodo di regolamento degli scambi a favore del circuito bancario.
Ci sono paesi in Unione europea senza nessun limite al contante?
In altri paesi l’indipendenza negli scambi economici si affianca a una pressione fiscale più bassa e un’evasione decisamente minore. È il caso di paesi come Germania o Austria, qui il tetto al contante praticamente non esiste.
La stessa Commissione europea raccomanda un limite di 10.000 euro. Questo può colpire fenomeno di grandezza generale come finanziamenti terroristici o riciclaggio di denaro. C’è una parte della politica che vorrebbe controllare ogni attività del cittadino; il tetto al contante si presta perfettamente a un modello sociale caratterizzato da assenza di privacy giustificato dal bene comune.