Cina e Stati Uniti: i vantaggi competitivi sui chip non piacciono all’occidente, qual è il vero obbiettivo?

È in corso una guerra tecnologica tutta basata su chip elettronica e informatica.

L’obbiettivo è rallentare l’industria cinese dei semiconduttori e insieme a essa bloccare il trasferimento di tecnologia dagli Stati Uniti verso la Cina.

collisione USA Cina

L’occidente e in particolare gli Stati Uniti temono che la nuova indipendenza della Cina rispetto allo sviluppo di tecnologie e prodotti propri, rischi di mettere sotto scacco il mercato. La Cina rinuncia alla sua dipendenza dall’estero, è già un dato di fatto che è stato raggiunto come obbiettivo da scelte mirate iniziate dagli anni 2000.

Allora, il rapporto tra Stati Uniti e Cina rappresentava una vincita per entrambi; da una parte il Dragone produceva beni a prezzi più competitivi per le aziende e i consumatori Usa, dall’altro le aziende delocalizzavano in Cina investendo e dando al paese la capacità di acquisire nuove competenze tecniche.

Pechino sta beneficiando oggi di una serie di vantaggi competitivi, oltre un tasso di cambio più competitivo per le esportazioni, quadri normativi più flessibili e tecnologia a più basso costo. La strategia del Dragone “Made in China 2025″ ha fissato l’obiettivo ambizioso di raggiungere il 70% nell’autosufficienza della produzione di semiconduttori. Entro soli tre anni il governo dovrebbe, con una serie di iniziative, acquisire più che triplicare la produzione per colmare la quota mancante al target prefissato.

Meno del 40% del giro d’affari della produzione dei semiconduttori in Cina è da ricondurre alle aziende cinesi. La maggior parte è infatti in mano ad aziende straniere come Samsung e Tsmc. Per il momento l’indipendenza della Cina appare molto lontana soprattutto per i chip di fascia alta; per questi Pechino deve sempre fare i conti con l’estero, Taiwan e Corea hanno una quota rispettivamente del 92 e 8%. Nuove sfide e nuovi scontri in ambito commerciale potrebbero essere anche per questo molto probabili.

Pannelli solari, fotovoltaici e armamenti: le preoccupazioni dell’uso che la Cina può fare dei chip

Nel secondo trimestre di quest’anno, gli Stati Uniti hanno importato merci cinesi per un valore di circa 500 miliardi di dollari; è il 12,5% in più rispetto ai livelli del 2017. Tra i vantaggi più pericolosi per l’occidente il primato nella costruzione di componenti di base per pannelli solari e fotovoltaici.

L’efficienza delle celle solari è il faro dell’innovazione della tecnologia fotovoltaica. Ciò è in grado di creare dipendenza rispetto a un mercato sotto i compromessi politici di uno Stato illiberale. Oltre questo la tecnologia rafforza l’immagine e l’efficienza di controllo dello Stato centrale oltreché naturalmente l’esercito cinese.

Washington è già in guerra con la Cina?

Secondo le dichiarazioni ufficiali, i divieti da parte di Washington sulle esportazioni di semiconduttori in Cina rispondono al preciso scopo di impedire che i chip di fascia alta siano utilizzati dall’esercito cinese. In questo contesto Taiwan gioca una posizione centrale nello scacchiere del mercato globale dei semiconduttori. Tsmc, la società più importante dell’Isola, vanta una quota di oltre il 50% nel mercato globale della produzione di semiconduttori.

Di essi il mercato Usa fa ampio uso dalla telefonia ai computer coinvolgendo aziende importanti come Apple. La società ha congelato i suoi acquisti di chip dalla cinese Yangtze Memory Technologies dirottando verso aziende come: Samsung, Kioxia, Hynix o Micron. Ma in caso di un’escalation delle misure commerciali restrittive, anche altre economie dell’Asia rischiano di essere colpite in modo indiretto e avvicinarsi potenzialmente di più alla Cina.

Le misure Usa contro la Cina sono piuttosto pesanti. Come può reagire Pechino?

Per questi motivi le misure Usa contro la Cina sono piuttosto pesanti. Lo scorso 7 ottobre gli Stati Uniti hanno annunciato una poderosa fase di controlli nell’export di semiconduttori e di apparecchiature per la produzione di chip in Cina. Le restrizioni riguardano: la vendita di chip avanzati per l’intelligenza artificiale e il supercalcolo, la vendita di apparecchiature di ultima generazione per la produzione di semiconduttori e prodotti correlati.

Tra le possibili mosse che Pechino potrebbe implementare, limitare le esportazioni di chip utilizzati in automobili e altri componenti elettronici. Il fine è aggiungere pressione ai prezzi nel mercato Usa e alla catena di approvvigionamento. La Cina controlla oggi oltre il 95% delle materie prime sotto forma di terre rare utili per creare i semiconduttori. Nel 2021 la Cina è stata responsabile di circa il 37% del consumo mondiale di chip; l’83% di questi è stato importato e solo il 17% prodotto localmente.

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