Eni si lascia alle spalle le perdite, ma le vicende nigeriane tornano a galla

Sembra che il gruppo Eni sia definitivamente tornato in utile lasciandosi il peggio delle influenze della crisi economica alle spalle. Il calo della domanda di idrocarburi si è pesantemente riflettuto sui listini della azienda con una perdita che il 1° dicembre 2019 ha segnato un crollo del -54% suo valore.

eni
Adobe stock

Il gruppo Eni ha beneficiato dell’aumento dei prezzi del greggio in concomitanza con le riaperture a la ripresa dei consumi, che hanno portato una crescita patrimoniale, con un recupero arrivato a 2 miliardi nel secondo trimestre rispetto alla perdita registrata nello stesso periodo del 2020 e pari a 400 milioni. Questo primo semestre 2021 l’utile netto è stato pari a 1,20 miliardi di euro, con un flusso di cassa che nello stesso periodo è arrivato a 4,76 miliardi.

Dal punto di vista tecnico le quotazioni Eni si trovano attualmente sul supporto valido dagli inizi di marzo a 10 euro. Dal punto di vista grafico prezzo dell’asset è scambiato all’interno di quello che è la metà inferiore del range di prezzo compreso tra i 10,67 e i 9,50 euro. L’evoluzione della tendenza che dagli inizi di febbraio aveva fatto aumentare il valore delle quotazioni del 25%, sembra essere ora in una fase di equilibrio, scontando il valore su un mercato particolarmente efficiente e tale da non offrire al momento spunti operativi, considerando l’assenza di squilibri tali da generare prezzi convenienti rispetto al valore comunemente accettato.

LEGGI ANCHE>>Eni: recupero straordinario in 5 mesi

Il CEO Claudio Descalzi si dice ottimista sul futuro dell’Eni

Il CEO Claudio Descalzi si dice ottimista sui futuri andamenti azionari Eni, che permetterà all’azienda di riassegnare un dividendo che verrà distribuito a settembre, arrivato a 0,86 centesimi per azione e pari ai livelli precedenti la crisi sanitaria. L’ottimismo delle prospettive è giustificato anche dagli investimenti del settore energetico, con gli obbiettivi per la diversificazione dal settore degli idrocarburi in favore delle rinnovabili, arrivate quest’anno a 2GW di potenza installata. La particolare attenzione ai trend globali nel settore della chimica e dell’energia, hanno generato nel primo semestre dell’anno una liquidità arrivata a 1,82 miliardi di euro.

Buone notizie arrivano per Eni anche dal settore estrattivo, dopo l’accordo firmato il 30 giugno per le operazioni di estrazione nel Golfo del Messico, per le quali Eni utilizzerà la Saipem 10000 che con la nave di perforazione santorini entrerà nel mese di novembre nella flotta e potrà essere utilizzata anche nelle acque del mediterraneo. Un ulteriore accordo commerciale arriva dall’appalto assegnato da Saudi Aramco nell’ambito dello sviluppo dei giacimenti, nonché da parte di Eni Angola della costruzione e dell’installazione e l’equipaggiamento di strutture sottomarine, al fine di sfruttare con maggiore efficienza i pozzi presenti negli alti fondali.

LEGGI ANCHE>>Il prezzo del greggio continua a salire, aumenti in vista alla pompa di benzina

Le incertezze legali di Eni accusata di corruzione in Nigeria

In questi giorni la multinazionale italiana degli idrocarburi è impegnata sul fronte legale, nelle vicende che la vedono implicata insieme a Shell nelle accuse di corruzione, dato il pagamento di una tangente miliardaria in Nigeria per ottenere l’appalto di sfruttamento petrolifero di una importante area geografica del Paese africano. I giudici che nel processo di primo grado hanno assolto per ora tutti gli imputati, dovranno ora rivedere le proprie decisioni nel processo d’appello, in quanto l’accusa rappresentata dallo Stato della Nigeria e dell’avvocato italiano Lucio Lucia, ha mostrato una grande mole di prove che possono essere in grado di ribaltare la sentenza.

LEGGI ANCHE>>Shell: sentenza storica in Olanda, colpita la compagnia petrolifera

I documenti che verranno esaminati dai giudici di Milano riguardano lo scambio di email, SMS, nonché un’intercettazione telefonica, avvenute tra il 2007 e il 2011 tra il comparto amministrativo di Eni e Shell, tramite le quali l’accusa è in grado di mettere in chiaro le relazioni e lo svolgimento della vicenda, che ha visto pagare una tangente pari a 1,92 miliardi di euro all’insaputa dello Stato nigeriano ma che ha coinvolto, secondo l’accusa, politici, ministri e faccendieri. Per i giudici di Milano, che avevano prosciolto dalle accuse in primo grado le due compagnie petrolifere il fatto non sussisterebbe, soprattutto per l’assenza di prove tangibili. Saranno quindi prese in considerazione nel prossimo processo ben sette pagine di messaggi, scambiati tra gli anglo olandesi di Shell e gli italiani di Eni, che consentiranno ai magistrati una lettura nero su bianco della vicenda.

Impostazioni privacy