L’indennità di accompagnamento è una prestazione economica erogata dall’INPS, ma non tutti sanno che l’ente può revocarla e chiedere indietro i soldi.
L’indennità di accompagnamento consiste in un assegno di circa 522,10 euro mensili, a prescindere dal requisito reddituale, quando il richiedente non è in grado di lavorare e per compiere atti di vita quotidiana ha bisogno di un accompagnatore. L’obiettivo della corresponsione dell’assegno è quello di assicurare all’invalido totale un’assistenza continua. Ma, attenzione, l’INPS in alcuni casi può sospendere o revocare l’indennità, analizziamo i casi possibili.
L’indennità di accompagnamento, denominata semplicemente “accompagno” è sospeso dall’INPS quando il titolare è ricoverato per più di trenta giorni in ospedale o cliniche convenzionate. Tuttavia, l’assegno non è sospeso quando il ricovero è in day-hospital, in questo caso l’indennità è sempre riconosciuta. L’INPS procede alla revoca dell’assegno di accompagno nei casi in cui vengono meno le condizioni sanitarie che danno diritto all’assegno (non autosufficienza o inabilità).
Le cause devono sempre essere accertate da una commissione medica INPS. Oppure, si perde l’indennità di accompagnamento quando il titolare si trasferisce all’estero, a patto che il trasferimento non avvenga per cure mediche autorizzate. La revoca in quest’ultimo caso, è operata dall’ente, perché il titolare dell’assegno non ha un residenza stabile ed effettiva in Italia.
Ma questi esaminati non sono gli unici casi di revoca dell’assegno, l’INPS può revocare l’assegno di invalidità, l’assegno sociale e l’indennità di accompagnamento per recuperare crediti indebiti.
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Secondo la Cassazione, se l’INPS sbaglia i calcoli, il contribuente deve restituire la somma percepita indebitamente. Ma il caso, che spesso è discusso in aula di tribunale, riguarda l’erogazione indebita a causa di una condotta non corretta del beneficiario. Ad esempio, il titolare dell’indennità, non ha fornito dati corretti.
In effetti, l’INPS chiede la restituzione delle somme erogate per l’accompagno, quando non sono dovute. La Cassazione più volte si è dovuta pronunciare in merito a queste situazioni. Una sentenza recente, ha precisato che gli eredi del pensionato che continuano ad intascare la pensione del pensionato defunto che non comunica prontamente all’INPS il decesso. I Giudici, hanno precisato chi intasca la pensione del deceduto non commette reato di appropriazione indebita ai danni dello Stato. Ma è tenuto a restituire le somme percepire non avendone diritto.
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