Perdere la pensione di reversibilità: c’è un errore comune che mette tutti a rischio

In molti non sanno che c’è un errore piuttosto comune che espone al rischio di perdere la pensione di reversibilità, la prestazione riconosciuta agli eredi.

Secondo quanto stabilito dalla normativa italiana, il trattamento pensionistico percepito dal defunto può essere ereditato da un parente. Tuttavia, per avere diritto alla pensione di reversibilità è necessario essere in possesso di specifici requisiti di parentela e reddituali.

Perdere la pensione di reversibilità
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La pensione di reversibilità è il trattamento pensionistico riconosciuto agli eredi del defunto. Una quota della pensione spetta a queste categorie di parenti:

  • Coniuge, unito civilmente o conviventi di fatto
  • Divorziato, non risposato
  • Figli minorenni alla data della morte del pensionato
  • Figli maggiorenni, a carico del pensionato defunto, fino al ventunesimo anno di età
  • Maggiorenni iscritti ad un corso di laurea, fino al 26esimo anno di età.

Nel caso in cui non siano presenti i soggetti sopracitati, la legge ammette che il diritto a ricevere una quota della pensione del defunto spetti a:

  • Genitori over 65 a carico del pensionato defunto
  • Fratelli o sorelle inabili al lavoro, a carico del pensionato defunto.

Perdere la pensione di reversibilità: ecco quando può accadere

Nonostante la normativa italiana preveda la possibilità di ereditare la pensione del defunto, essa impone anche dei requisiti ben precisi da rispettare.

È, dunque, chiaro che il mancato rispetto dei vincoli imposti espone al rischio di perdere il trattamento pensionistico.

È questo il caso del figlio maggiorenne iscritto al corso di laurea, che risulti fiscalmente a carico del pensionato defunto, e che ha diritto a ricevere una quota del trattamento pensionistico.

Condizione necessaria, affinché il figlio maggiorenne possa ricevere un’aliquota della pensione del padre o della madre è l’essere iscritti ad un corso di laurea.

Tuttavia, anche in questo caso, la normativa stabilisce dei paletti ben precisi, fissando a 26 anni l’età massima per avere diritto a tale prestazione.

Inoltre, è necessario che il figlio o la figlia sia regolarmente iscritta presso un’università statale o legalmente riconosciuta.

La prestazione è riconosciuta anche in favore dei figli che terminato o interrotto il percorso di studi, con il quale hanno avuto accesso alla pensione di reversibilità, si scrivono ad un’altra facoltà o ad un altro corso di laurea. In questo caso, ciò che conta è il vincolo anagrafico di 26 anni.

Dunque, se il soggetto in questione supera i 26 anni o decida di iscriversi ad un corso di formazione o di specializzazione, che non ha nulla a che vedere con l’università, egli perderà il diritto alla pensione di reversibilità.

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