Cosa sono i Pir Piani individuali di risparmio? E come il fisco agevola l’investimento

Lanciati nel gennaio 2016, in Italia i Piani individuali di risparmio sono una delle più grosse novità finanziarie degli ultimi anni.

Investimenti

Nel nostro Paese sono tanti i piccoli risparmiatori che per l’assenza di cultura finanziaria e per una particolare diffidenza decidono non investire.

I piani individuali di risparmio sono stati pensati per indirizzare i risparmiatori, che hanno depositi infruttuosi, verso un modo più virtuoso di impegnare il proprio capitale.

I Pir sono da considerarsi come uno strumento eccezionale. Essi rispecchiano l’esigenza di alcuni paesi europei come l’Italia a incentivare una grande massa di risparmiatori a dirigere la liquidità a beneficio del tessuto imprenditoriale. L’obbiettivo dei Pir è infatti quello di indirizzare il risparmio verso le piccole e medie imprese italiane, al fine di stimolare l’economia nazionale.

Qualcosa di simile accade con prodotti affini già presenti in Francia o nel Regno Unito. I Pir sono una tipologia di invesitmento che può essere strutturata in modo da contenere diversi prodotti finanziari. Tra questi vi possono essere azioni, obbligazioni, ETF, questi prodotti sono finalizzati a sostenere aziende con sede in Italia o all’interno dell’eurozona.

In che modo è ripartito l’investimento di un Piano individuale di risparmio?

Lo schema di investimento prevede che il portafoglio sia per almeno il 70% dedicato all’investimento su realtà imprenditoriali domiciliate e con stabile organizzazione nel territorio italiano. Il 30% di questo capitale deve essere investito in strumenti di aziende non quotate come le obbligazioni societarie. Il portafoglio deve essere equilibrato con un investimento massimo che sul singolo emittente non deve superare il 10% del capitale.

I Pir sono dedicati esclusivamente alle persone fisiche residenti in Italia, con un investimento minimo che va dai 500 fino ai 30.000 euro annui. È possibile investire su più soggetti in anni diversi, per un ammontare complessivo massimo di 150.000 euro.

Il valore complessivo del fondo è ripartito per almeno il 17,5% in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle comprese nell’indice FTSE MIB o indici equivalenti. Per quanto riguarda gli strumenti finanziari essi devono essere almeno per il 3,5% in strumenti finanziari non compresi nell’indice FTSE MIB e nell’indice FTSE Mid Cap o indici equivalenti.

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Quale è il vantaggio fiscale dei piani individuali di risparmio?

Il legislatore ha predisposto incentivi per questa tipologia di invetimenti, finalizzati a renderli concorrenziali ed efficaci a sostenere il tessuto imprenditoriale del Paese. Il più importante di questi è che il rendimento dei Pir non è soggetto a l’imposta fiscale del 26% sul capital gain.

I redditi da capitale sono quindi esentati dall’imposta ma soltanto a patto che l’investimento sia mantenuto per almeno cinque anni. Alle stesse condizioni, i piani individuali di risparmio sono esenti dall’imposta di successione. Il legislatore ha voluto così incentivare il sostegno a lungo termine di piccole e medie imprese, in modo da massimizzarne il ritorno sia in termini di rendimento che di politiche industriali. Queste possono essere portate avanti dalle aziende soltanto assicurandosi le risorse patrimoniali per un periodo di tempo minimo.

Nel caso di fuoriuscita dal regime di esenzione, sarà invece necessario versare le imposte sui redditi prodotti entro i termini di scadenza ordinari a cui si aggiungono gli interessi maturati.

Quali sono i costi e gli svantaggi di un Pir?

Gli svantaggi del Pir possono essere rinvenuti nella scarsa competitività dei rendimenti, il cui rischio non è compensato adeguatamente data la correlazione delle aziende partecipate con l’economia nazionale. In base al tipo di Pir, sarà bene comprendere i costi di gestione e sottoscrizione. Questi costi infatti variano a seconda degli strumenti finanziari tramite cui viene investito il capitale.

Il costo di sottoscrizione è pari al 2% con un pagamento di commissioni pari a 3 euro per ogni nuova operazione che comprenda passaggio tra fondi, rimborso o nuova sottoscrizione. Per quanto riguarda gli investimenti tramite azioni, i costi di gestione sono pari al 1,83% annui. Per quanto riguarda gli investimenti tramite obbligazioni societarie, sono pari 1%, mentre per la categoria degli investimenti bilanciati sono pari 1,5%.

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