Scandalo UE, raddoppiano gli utili della Russia dall’inizio della guerra, le sanzioni sono una farsa? Cosa sta succedendo

La Russia ha quasi raddoppiato i suoi ricavi dalla vendita di combustibili fossili all’UE durante i due mesi di guerra in Ucraina.

Questo il dato paradossale proveniente dal CREA di un articolo del 27 aprile da The Guardian.

raddoppiano gli utili della Russia dall'inizio della guerra, le sanzioni sono una farsa?
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Il Centre for Research on Energy and Clean Air, è un organizzazione di ricerca indipendente Finlandese che rileva le tendenze e le cause dell’inquinamento e gli impatti sulla salute. In poche parole, la strategia russa è stata in grado non solo di incrementare le entrate derivanti dalle vendite di petrolio, ma anche di accumulare più scorte della materia prima.

Secondo i dati CREA, infatti le spedizioni di greggio dalla Russia verso porti esteri sono diminuite del 30% nelle prime tre settimane di aprile, rispetto ai tassi di gennaio e febbraio, prima dell’invasione.

Beneficiando dell’impennata dei prezzi a volumi ridotti la Russia ha incassato circa 62 miliardi di euro negli ultimi due mesi complessivamente da petrolio, gas e carbone. A questo l’UE ha contribuito per circa 44 miliardi; all’apparenza una corsa ad accumulare scorte in vista delle conseguenze della guerra, considerata la media di 12 miliardi di euro al mese da inizio anno.

Se raddoppiano gli utili della Russia dall’inizio della guerra, le sanzioni sono una farsa?

Anche se i governi hanno freneticamente cercato di impedire a Vladimir Putin di usare petrolio e gas per finanziare la sua guerra. Il Cremlino era evidentemente preparato alle conseguenze dell’invasione. La Russia è in grado di beneficiare della capacità di influire sul prezzo di greggio e gas influendo sulla sua capacità di finanziamento. In questo modo ha effettivamente colto l’UE alla sprovvista intrappolandola in un circolo vizioso in cui ulteriori restrizioni possono incrementare il prezzo ammortizzando così gli effetti economici sulla minore domanda.

Il finanziando indiretto alla guerra di Putin non può essere sostenuto a lungo; tuttavia, l’uscita graduale negli anni dal commercio di queste materie prime non è una soluzione adatta alle tempistiche necessarie oggi. Lauri Myllyvirta, analista capo del CREA, ha detto che l’unico modo per sabotare la macchina da guerra Russa è emanciparsi definitivamente dai carburanti fossili. L’osservazione sebbene di parte, si inserisce in un contesto già favorevole a questo cambiamento, che materialmente non è però in grado di essere sostenuto nel breve periodo. Lo sa bene la Russia che ha dato seguito alle sue minacce di sospendere le forniture in assenza di un pagamento in rubli.

Le grandi multinazionali occidentali del petrolio proseguono abbondanti scambi commerciali

Negli ultimi giorni, infatti, Polonia e Bulgaria hanno visto sospendere le forniture di gas. La Russia con Gazprom è disposta a violare i suoi stessi contratti per sostenere il proprio sforzo bellico. Le aziende europee presumibilmente saranno ancora obbligate a un compromesso per evitare di rischiare brusche ricadute economiche negative.

Tra quelle più esposte che hanno continuato a contribuire maggiormente al commercio con la Russia BP, Shell ma anche la statunitense ExxonMobil. Nonostante gli impegni ufficiali anche gli Stati come Germania, Italia e Pesi Bassi hanno proseguito nell’ingenua speranza della fine prossima del conflitto, con le importazioni di petrolio russo; Il totale a oggi è maggiore di 21 miliardi di euro. Attualmente Berlino rimane è il più grande acquirente di combustibili fossili russi per un importo medio di 4,5 miliardi al mese.

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