Crisi europea, tutte le speculazioni e gli asset coinvolti dai venti di guerra

Crisi europea tra Ucraina e Russia. Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha firmato l’ordine esecutivo con cui blocca gli investimenti, le attività economiche e finanziarie in Donbass.

Nella zona di frontiera, si trovano le repubbliche autoproclamate di Donetsk e Luhansk, territori formalmente ucraini che sono gestiti da separatisti appoggiati dalla Russia.

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Nella regione gli Stati Uniti prevedono il blocco di nuovi investimenti, commercio e finanziamenti da parte di cittadini statunitensi nelle o dalle cosiddette due repubbliche. Questo ordine darà anche l’autorità di “imporre sanzioni su ogni persona determinata a operare in quelle aree dell’Ucraina”. Se a questo seguirà un nuovo aggravarsi della situazione, le sanzioni cresceranno di conseguenza e con esse il posizionamento degli investitori dati i nuovi scenari imprevisti.

Il governo ucraino definisce le due repubbliche autoproclamate come territori temporaneamente occupati dalla Russia. A sua volta la Russia parla del conflitto di questa regione culturalmente ed etnicamente a lei molto vicina come di una guerra civile. Il risultato della confusione e delle diverse ragioni storiche e diplomatiche si scontano oggi in primo luogo sul Forex.

Crisi europea, le speculazioni e gli asset coinvolti dai venti di guerra: gli effetti sul Forex

Il rublo russo è crollato al minimo degli ultimi 15 mesi, per poi ritracciare dopo che il presidente russo Vladimir Putin ha ordinato il dispiegamento delle truppe in due regioni separatiste nell’Ucraina orientale, dopo averle riconosciute come indipendenti.

Il rublo ha subito il suo più grande crollo dallo scoppio della pandemia. I timori occidentali sono quelli che riconoscere le due regioni come indipendenti e inviare forze per mantenere la pace possa presagire l’inizio di una grande guerra. Stamattina il rublo ha recuperando leggermente contro il dollaro dopo essere scivolato a 80,5825 nei primi scambi, il suo punto più basso dal 2 novembre 2020. Per quanto riguarda l’Euro scambia intorno ai 90,00 Rubli, dopo aver toccato in precedenza 90,95, il prezzo più basso da aprile 2021.

La Russia ha ripetutamente respinto le affermazioni secondo cui questa invasione premette quella dell’intera Ucraina. È possibile che nei prossimi giorni seguano sanzioni coordinate tra Stati Uniti e Unione Europea. Queste possono colpire per prime le principali istituzioni finanziarie, l’accesso della Russia ad alcuni prodotti elettronici e tecnologici nonché le società energetiche russe.

Crisi europea, l’effetto sul petrolio e gli indici azionari russi

L’esportazione di petrolio russa potrebbe diminuire oltre le quote previste dall’ultimo accordo dei paesi OPEC+. Il paese è infatti un importante produttore di petrolio greggio, oltre che di gas naturale.

Dal 2020 l’OPEC+ ha deciso di concordare un taglio record nella produzione di petrolio. Il drastico calo della domanda dovuto alla pandemia ha causato un eccessivo accumulo di scorte. Questo seguendo il trend ascendente dei consumi nonché le rinnovate tensioni internazionali ha portato il prezzo del petrolio greggio agli attuali 97,3 dollari al barile.

Il 21 febbraio 2022 è crollata la Borsa di Mosca. Il Moex, il principale indice del mercato azionario russo dei titoli denominati in rubli ha perso in un solo giorno il 10,5% del suo valore. A partire da ottobre la crisi economica nel paese ha determinato un calo complessivo dell’azionario del 27%.

Il Moex acronimo di Moscow Exchange è l’indice più importante rappresentativo dell’andamento del mercato azionario russo. È costituito dalle 38 aziende più capitalizzate quotate a Mosca, per la maggior parte facenti parte del settore energetico. Tra queste il colosso petrolifero Gazprom, l’azienda numero uno russa per fatturato. Le aziende pesate per capitalizzazione influiscono sull’indice in modo proporzionale, influendo secondo le regole di questo indice per un massimo del 15%.

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Crisi europea, le aziende a maggiore capitalizzazione coinvolte dai venti di guerra

Le altre aziende a maggiore capitalizzazione sono Novatek, l’analogo di Gazprom per il gas, il gigante della raffinazione Tatneft nonché Yandex, la Google russa. Tra le aziende russe più importanti presenti però nell’indice Rts, quotato in dollari c’è Sberbank, una banca con sede a Mosca partecipata a maggioranza dallo Stato. Sberbank è l’azienda più capitalizzata dell’indice Rts, seguita dal colosso del gas e del petrolio Lukoil. L’altro gioiello del listino è Polymetal, quotata anche a Londra, che si occupa di estrazione di metalli preziosi.

Entrambi gli indici hanno assunto un ruolo particolarmente importante dopo il 2014, con l’entrata in vigore delle sanzioni internazionali ai danni della Russia. Così mentre l’ago della bilancia della crisi ucraina si sposta verso un potenziale conflitto armato, le Borse russe scontano quelle che saranno le limitazioni dovute alle sanzioni al settore di gas, petrolio e finanza.

Dall’autunno del 2021 l’effetto combinato del conflitto ucraino, di un rendimento dell’eolico inferiore alle attese e la ripresa economica in Asia ha determinato uno squilibrio tra domanda e offerta di gas naturale. La materia prima è indispensabile per sopperire ad almeno un quinto del fabbisogno energetico europeo.

Crisi europea, tutte le speculazioni e gli effetti sull’Italia

La Russia è inoltre produttrice di quasi il 30% del gas utilizzato in Italia. A fronte di una domanda maggiore dovuta alla ripresa economica, il nostro paese dovrà riuscire a trovare gli accordi per usufruire dell’accesso al gasdotto Northstream2, con maggiore portata, minori emissioni e non coinvolto nel suo passaggio dal territorio ucraino.

Ma l’entrata in funzione della nuova pipeline, conveniente in termini di distribuzione e approvvigionamento per entrambi i paesi nonché per l’Unione Europea, è ancora in attesa di approvazione.  Intanto in ogni Paese europeo i governi hanno attivato misure per il contenimento dei rincari delle bollette. E in alcuni casi, come in Spagna, hanno previsto una tassazione addizionale per le compagnie che producono energia da fonti rinnovabili e dal nucleare.

Il gas si colloca in un sistema di mercati e contratti, all’interno di una catena logistica complessa. Il mercato si basa su due categorie di contratti, quelli a lungo termine e quelli a pronti. I contratti di lungo termine, spesso ultradecennali, sono onorati con la distribuzione del gas tramite condotti. Questi grazia a un prezzo prefissato risentono meno delle oscillazioni del mercato e garantiscono l’approvvigionamento continuo. I contratti a pronti vengono utilizzati spesso per sopperire alla domanda di gas nei momenti di picco che viene fornito tramite navi. È in questo contesto che nei mercati finanziari da diversi mesi si amplifica la crisi dei prezzi, con una crescita ben oltre le reali condizioni di domanda e offerta.

L’Italia importa oltre il 93% del proprio fabbisogno annuale di gas. Ecco i paesi da cui dipende

Le navi gasiere, grazie allo stoccaggio del gas che viene portato allo stato liquido possono trasportare centinaia di migliaia di metri cubi di gas liquefatto. Il nostro Paese, ampiamente ricco di gasdotti, acquisisce in misura minore il gas con contratti a pronti. Per questo sono minori le infrastrutture rispetto ad altri paesi europei. Il gas liquefatto è quello più soggetto alla speculazione perché il suo prezzo sconta maggiormente le aspettative su breve termine degli scenari internazionali e i cicli di mercato. Per questo motivo tra i Paesi dell’Unione europea la situazione italiana non è tra quelle più compromesse. L’Italia importa oltre il 93% del proprio fabbisogno annuale di gas, pari a circa 70 miliardi di metri cubi, tramite condutture che la collegano con diversi produttori europei, asiatici e africani. Questi sono Russia, Algeria, Libia, Olanda, Azerbaijan e Norvegia.

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