L’Italia si oppone allo stop delle auto a benzina: la data stabilita è troppo vicina, ecco cosa sta succedendo

L’Italia insieme a Bulgaria, Romania, Slovacchia e Portogallo hanno chiesto che venga posticipata la data che impone in Europa la fine delle auto a combustione interna.

Il nostro Paese sente eccessiva la pressione per la sua economia e l’industria dell’auto delle richieste di modifica di un mercato essenziale.

stop auto benzina
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Per questo motivo insieme ad altri quattro Paesi europei, Bulgaria, Romania, Slovacchia e Portogallo ha presentato richiesta ufficiale di slittamento dello stop benzina. Contestualmente a questo l’abbassamento degli obbiettivi di riduzione delle emissioni inquinanti; tutto dovrebbe essere posticipato di cinque anni, dal 2035 alla nuova data del 2040.

Con ben con 46 voti a favore e 40 contrari era stata approvata in Europa la proposta che pone un divieto alla vendita di auto a benzina e a diesel. Tutto favorisce motori elettrici e ibridi, oltre che GPL e metano. La volontà della Commissione Europea è quella di perseguire la tabella di marcia che porterà a una riduzione delle emissioni responsabili dell’effetto serra del 55% entro il 2030. Secondo l’odierna tabella di marcia a partire dal 2035 non potranno più essere vendute nei paesi dell’Unione.

Stop auto a benzina e cambiamento climatico; la strategia dell’Ue

Per contrastare le ricadute negativa sull’economia che ruota intorno al settore automobilistico tradizionale l’Europa prevede a partire dal 2025, l’erogazione di aiuti economici tramite un fondo del valore di 10,3 miliardi all’anno per sette anni.

Un modo per tutelare lavoratori e famiglie, lasciando il tempo al sistema produttivo di ammortizzare i mutamenti atti a incentivare la rivoluzione verde. A questo proposito il pacchetto presentato dalla Commissione europea prevede una riforma del mercato delle emissioni nocive. Noto come Emission Trading System, è stato creato nel 2005 permettendo di abbattere da allora le emissioni del 43%. Il mercato dei permessi prevede l’acquisto di quote per ogni tonnellata di Co2 prodotta; una sorta di imposta sull’inquinamento, che gli assegna un prezzo scontandolo sui costi di produzione delle aziende che non hanno ancora adeguato la loro attività.

Allo stesso modo entro i prossimi nove anni i nuovi veicoli dovranno emettere il 55% in meno di emissioni rispetto a quelle odierne. Questo a meno che la proposta dei cinque Paesi non venga approvata. In ogni caso il rischio è non riuscire a rispettare gli obbiettivi previsti dagli Accordi di Parigi sul clima per mantenere l’aumento della temperatura media entro i 1,5 °C. Si rischiano fenomeni atmosferici sempre più violenti e la distruzione di intere aree costiere, dovute all’innalzamento del livello del mare.

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