Una soluzione per la ripresa economica? La cancellazione del debito

Adottare misure innovative, in un periodo storico molto particolare come quello attuale, potrebbe risultare necessario per consentire all’economia europea di ripartire. Lo afferma Mark Dowding, CIO di BlueBay.

bandiera Europa

Mark Dowding è il Chief Investment Officer (capo degli investimenti) di BlueBay Asset Management, una delle più importanti società di gestione fondi in Europa, specializzata in titoli a reddito fisso.

Considerando il forte incremento del debito pubblico, determinato dalle iniziative di sostegno al sistema economico rese necessarie dalle conseguenze della pandemia di Covid-19, Dowding ritiene che, quando l’emergenza sarà finita, la popolazione mondiale debba essere tutelata: non devono, cioè, essere applicate misure di austerity, basate sull’incremento delle imposte e sulla riduzione della spesa pubblica, come accaduto durante la fase di ripresa dalla grande recessione scoppiata a partire da fine 2007.

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Gli errori dell’Unione Europea secondo Dowding

Le politiche monetarie adottate finora per contrastare la crisi economica determinata dalla pandemia sono ancora troppo restrittive, ed è proprio per questo che l’economia europea fatica a riprendersi, con tassi di interesse negativi e inflazione ampiamente al di sotto del target.

Per risolvere il problema è necessario incrementare il quantitative easing, ovvero intensificare l’acquisto da parte della BCE di titoli obbligazionari iscritti nell’attivo delle banche del sistema, e implementare una politica fiscale ancora più espansiva (quindi aumento della spesa pubblica e riduzione delle tasse). Senza questi interventi, si rischia di compromettere la capacità dell’economia europea di tornare a crescere.

Un provvedimento inedito per l’Europa: la cancellazione del debito sovrano

In altre parole, le misure basate sul rigore (austerity) non vanno ritenute come una soluzione in questo periodo storico difficile dal punto di vista socio-economico, al contrario la cancellazione del debito sovrano potrebbe essere un’ottima mossa per rilanciare i Paesi europei maggiormente in difficoltà.

Dowding afferma, infatti, che il debito pubblico è molto più basso di quanto appare. Questo perché grandi quote del debito pubblico complessivo degli Stati della zona euro, sono possedute delle banche centrali tramite i titoli di Stato presenti nell’attivo del proprio bilancio. Ciò comporta, secondo Downing, che anche quando la pandemia sarà passata e l’attività economica tornerà alla normalità, non vi sarà alcuna necessità o obbligo da parte delle banche centrali di ridurre il proprio attivo di bilancio e di rivendere sul mercato i titoli obbligazionari acquistati, che possono rimanere per sempre in loro possesso.

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Cancellazione del debito: come si può realizzare concretamente

Secondo l’esperto analista di BlueBay, la sostanziale cancellazione del debito sovrano da parte delle banche centrali può avvenire secondo tre diverse modalità:

  • possono decidere di distruggere materialmente i titoli di debito;
  • trasformare i titoli in obbligazioni speciali con scadenza a 1.000 anni e cedola zero (quindi infruttuose, senza tassi di interesse passivi a carico dello Stato emittente);
  • continuare a detenerli all’infinito rifinanziandoli ad ogni scadenza.

Dowding sostiene che così facendo si potrebbe in futuro guardare ai livelli di debito soltanto in termini di calcoli fiscali, come avviene già in Giappone, dove il rapporto debito/Pil supera complessivamente il 300%, ma la banca centrale detiene tutti i titoli sovrani.

In Italia, se si ragionasse in questi termini, la prospettiva cambierebbe radicalmente e il problema potrebbe ritenersi risolto, in quanto il rapporto debito/Pil effettivo (non considerando, cioè, la quota di debito detenuta dalla BCE sotto forma di titoli di Stato italiani) sarebbe pari a circa la metà dell’attuale.

Gli ostacoli alla cancellazione del debito: la Germania e i trattati istitutivi della BCE

Il motivo per il quale in Europa una soluzione del genere non viene ancora presa in considerazione è legato alla forte connotazione emotiva del debito, che genera avversione verso la possibilità di cancellarlo facendo ricorso ad una delle modalità suggerite da Downing. Soprattutto la Germania e gli Stati del nord Europa sono tradizionalmente contrari a cancellare il debito sovrano detenuto dalla BCE, a causa dei timori sulla cattiva disciplina fiscale degli altri Stati della zona euro.

Downing rituene che questi timori siano eccessivi. Per esempio l’Italia ha storicamente fatto registrare un avanzo primario: ciò vuol dire che, senza considerare le spese sostenute per pagare gli interessi passivi sul debito pubblico, la differenza tra le entrate e le uscite del settore pubblico sarebbe positiva.

Inoltre, un altro ostacolo sarebbe rappresentato dai trattati istitutivi della BCE che non consentono il ricorso al finanziamento monetario del disavanzo: in altri termini, non è possibile stampare nuova moneta allo scopo di finanziare il debito sovrano.

Rivedere le regole e adottare il criterio del “capital key”

Dowding procede nella sua analisi affermando che l’Unione Europea dovrebbe rendersi conto di come il periodo storico attuale non abbia precedenti. La pandemia provocata dal Covid-19 e la persistenza di tassi di interesse negativi, inimmaginabili quando la BCE è stata fondata venti anni fa, rendono necessaria una revisione delle regole previste nei trattati istitutivi della banca centrale. Ogni Stato membro della zona euro dovrebbe essere consapevole che per prosperare è necessario che l’Unione Europea cominci ad operare con maggior coesione per la realizzazione di obiettivi comuni.

In quest’ottica sarebbe quindi molto importante, secondo Dowding, ricorrere ad una soluzione inedita ed innovativa per l’Europa come la cancellazione del debito, sulla base del criterio del “capital key”, ovvero in misura proporzionale alla quota di capitale della BCE che ciascun Paese beneficiario dell’iniziativa (eventuale) detiene sotto forma di azioni. Si tratta dello stesso criterio che la BCE già utilizza per determinare la ripartizione, tra le varie nazioni, dell’ammontare complessivo di titoli di Stato da acquistare nelle operazioni di quantitative easing.

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