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Economia e Finanza

Il TFR matura con la Cassa Integrazione? La risposta non è scontata e può presentare una penalizzazione

Il TFR pone dei limiti che portano l’utente a porsi delle domande legittime. Il trattamento di fine rapporto matura insieme alla Cassa Integrazione?

Cosa prevedono le leggi in materia e i Contratti Collettivi Nazionali di lavoro?

Pixabay

Quando l’azienda mette il lavoratore in cassa integrazione, si pone molte domande a riguardo temendo di non poter usufruire del TFR in cassa integrazione. La domanda è: “il TFR matura o no con la cassa integrazione?”

La risposta sul TFR: matura o no con la Cassa Integrazione?

Per il periodo di cassa integrazione, ordinaria o straordinaria, e con lo stesso importo, il TFR continua a maturare come quando il dipendente svolgeva il regolare rapporto di lavoro. Il TFR matura anche durante le assenze per malattia, infortuni o maternità.

Se avviene un’interruzione del lavoro, di qualsiasi genere o il lavoratore si dimette o scade il contratto allora si ha diritto al TFR. Il Trattamento di Fine Rapporto  in generale è previsto per: i lavori della durata inferiore a un anno e per chi è in prova, per licenziamento per colpa o  dimissioni, per i lavoratori domestici, per i lavoratori a tempo parziale, per i contratti di inserimento e apprendistato.

Ma tra TFR e cassa integrazione che rapporti ci sono? Bisogna prima di tutto conoscerne il significato reale.

Vediamo nel dettaglio cosa sono TFR e Cassa integrazione

Il TFR è la quota di denaro messa da parte e consegnata alla fine del rapporto di lavoro (accantonamento). È la cosiddetta liquidazione o buonuscita. Il TFR deve essere corrisposto dal datore di lavoro al lavoratore. La cassa integrazione è un sostegno che viene dato dall’azienda in difficoltà, sotto forma di denaro, ai propri dipendenti.

Il trattamento di rapporto salariale non è versato al 100% ma solo all’80%. Il massimale della cassa integrazione lo indica l’INPS ogni anno. A tal proposito il massimale di questo anno è:

a) retribuzione inferiore o uguale a 2.159,48, importo lordo 998,18 euro e importo netto 939,89 euro;

b) retribuzione superiore a 2.159,48, importo lordo 1.199,72 euro e importo netto 1.129,66 euro.

Il datore di lavoro è colui che ogni anno deve accantonare una quota per il lavoratore pari alla retribuzione dovuta nell’anno in corso diviso per 13,5.

Antonella Lopreiato

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