Gas russo: cosa succede se Putin chiude i rubinetti

Dopo oltre 70 giorni di conflitto in Ucraina sorge una domanda che riguarda il gas russo: cosa succederebbe se Putin decidesse di chiudere i rubinetti?

All’indomani dello scoppio della guerra tra Russia e Ucraina, l’Italia si è trovata a dover fare i conti con la sua dipendenza dal gas russo, per oltre il 40% del fabbisogno nazionale. Per questo motivo, il Ministro Di Maio è alla ricerca di una soluzione alternativa che riduca la suddetta dipendenza e scongiuri il rischio di una chiusura improvvisa da parte di Putin.

Gas russo: cosa succede se Putin chiude i rubinetti

Mercoledì 27 aprile la Russia ha fermato la fornitura di gas a Polonia e Bulgaria. In un comunicato, il leader russo Vladimir Putin ha affermato che questa decisione coinvolgerà anche tutti gli altri paesi ostili, tra cui è inclusa anche l’Italia.

È stato lo stesso presidente della Duma russa, Vyacheslav Volodin, a minacciare la chiusura della fornitura di gas naturale anche ad altri paesi come Italia, definiti dallo stesso Cremlino “ostili”.

La chiusura della fornitura a Polonia e Bulgaria è avvenuta all’indomani della scadenza del pagamento che era stato richiesto in Rubli russi.

Per l’Italia la scadenza del pagamento di forniture di gas inviate da Gazprom è prevista a fine maggio 2022.

Gas russo: quali sono i rischi per l’Italia in caso di chiusura della fornitura

Dopo lo shock per la chiusura della fornitura del 27 aprile a Polonia e Bulgaria, a Bruxelles continuano i frenetici controlli. Lo scopo è quello di verificare se la richiesta di pagamento in Rublo rappresenti una violazione alle sanzioni approvate dal Occidente contro la Russia.

Nel frattempo la data della scadenza dei pagamenti per l’Italia si avvicina e l’ipotesi di una chiusura delle forniture è sempre più concreta.

Per questo motivo il Governo è al lavoro per trovare delle soluzioni alternative nel caso in cui Gazprom dovesse chiudere le forniture.

L’Italia è finita nella lista dei cosiddetti “paesi ostili”, con i quali il Cremlino ha sancito lo stop agli affari. Le ragioni di tale decisione sono dovute al fatto che queste nazioni si sono schierate a favore dell’Ucraina, applicando sanzioni economiche che hanno duramente colpito l’economia russa.

Le soluzioni del Governo

Purtroppo l’Italia dipende dal gas russo per il 40% del proprio fabbisogno nazionale. Per questo motivo è uno dei paesi ostili maggiormente esposti, in caso di chiusura della fornitura da parte di Gaz Prom.

Oltre al nostro paese anche la Germania è molto preoccupata da questa situazione, dal momento che dipende dal gas russo per il 51% del suo fabbisogno nazionale. In sostanza, la nazione Tedesca riceve dalla Russia 43 miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno.

Al momento la soluzione sembrerebbe arrivare da Algeria, Qatar e Libia dai quali l’Italia ottiene già una parte del gas naturale che serve a soddisfare il fabbisogno nazionale. Lo scopo del Governo è quello di incrementare le importazioni dai suddetti paesi.

Inoltre, si è anche avanzata l’ipotesi di riattivare 4 centrali a carbone per dare una mano alla produzione nazionale. Stiamo parlando di centrali ubicate a Civitavecchia, Brindisi, Monfalcone e Fusina.

Secondo quanto dichiarato dal premier Mario Draghi, se si riuscissi a portare le suddette centrali al 100% delle proprie capacità sarebbe possibile ottenere un risparmio di circa 3,5 miliardi di metri cubi all’anno.

Ovviamente si tratterebbe di una misura temporanea e non definitiva, a causa delle emissioni di anidride carbonica prodotte dalle centrali.

In quella che, ormai, è diventata una vera e propria corsa contro il tempo, il Governo sta mettendo in campo tutte le proprie risorse. Lo scopo è limitare, il più possibile, gli effetti che verrebbero prodotti in caso di chiusura della fornitura da parte di Gasprom.

Per questo motivo, tra le varie misure adottate il Governo italiano ha pensato anche ad una forte sburocratizzazione delle rinnovabili.

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